«Solo una persona non sana di mente o in sogno può immaginare che la Russia possa un giorno attaccare la Nato». Il presidente russo Vladimir Putin, in un’intervista rilasciata sabato 6 giugno al Corriere della Sera, ha voluto sgombrare il campo da ogni dubbio circa un possibile attacco militare russo all’Occidente. Un gesto di distensione che non è bastato però a rasserenare i rapporti con gli Stati Uniti, che rimangono molto tesi.
Lo testimoniano le dichiarazioni bellicose che il presidente americano Barack Obama ha rilasciato nella conferenza stampa di chiusura del G7, riunito lunedì 8 giugno a Garmisch, in Germania. «Putin sta portando il suo Paese alla rovina nello sforzo di ricreare i fasti dell’impero sovietico», ha affermato Obama, riferendosi alle sanzioni commerciali decise il 17 marzo 2014 che hanno arrestato lo sviluppo economico della Russia. Sanzioni che il presidente americano minaccia di inasprire, trovando il consenso degli alleati europei, a partire dalla Germania e dalla cancelliera Angela Merkel.
A tenere banco, ancora una volta, è la questione ucraina. Secondo Stati Uniti e Germania, la Russia non rispetterebbe gli accordi di Minsk, firmati nel settembre 2014 tra Putin e il governo ucraino per porre fine alle ostilità in Crimea e nelle neonate repubbliche di Donetsk e Lugansk. Da ciò derivano le sanzioni che rimarranno – e che l’Occidente potrebbe addirittura intensificare – fino a quando non ci sarà una piena applicazione del protocollo sottoscritto l’anno scorso nella capitale bielorussa.
Se in politica estera Vladimir Putin sta incontrando delle difficoltà, anche la situazione politica ed economica russa non è delle migliori. Le sanzioni erogate l’anno scorso dal G7 si vanno ad aggiungere alla crisi del rublo, profondamente svalutato rispetto a un anno fa e trascinato verso il basso dalla riduzione del prezzo del petrolio e degli idrocarburi. Su tutti il gas, di cui la Russia è tra i maggiori esportatori a livello mondiale. A ciò si aggiunge una fuga di capitali verso l’estero stimata in oltre 100 miliardi di euro: un fattore di ulteriore svalutazione della moneta nazionale, con l’inflazione che ha raggiunto il 15 per cento su base annua.
Al difficile momento economico si aggiungono i problemi che Putin sta avendo sul fronte della politica interna. La Russia è accusata dall’Occidente di essere un regime dove gli oppositori politici vengono zittiti con le buone o con le cattive. Il caso più recente riguarda Boris Nemzov, capo di una forza politica liberale assassinato lo scorso 29 febbraio a due passi dalla Piazza Rossa. Un omicidio senza colpevoli che alcuni avversari politici di Putin ascriverebbero addirittura al Cremlino.
Intanto è notizia di lunedì 8 giugno la decisione di Zhanna Nemzov, figlia di Boris, di lasciare il Paese dopo avere ricevuto minacce anonime. Lo ha dichiarato lei stessa alla tv nazionale Rbk, per la quale lavorava come giornalista, senza precisare se tornerà o meno in patria. La giornalista ha rivelato il contenuto di uno di questi messaggi minatori: «Se vuole vivere normalmente non entri in politica. Suo padre ha fatto parecchio perché noi, 139 milioni, lo odiassimo». L’ennesima notizia che scredita Vladimir Putin agli occhi dell’Occidente. Una notizia che rende ancora più difficile il dialogo con gli Usa e gli (ex?) alleati europei.
Roberto Bordi