Il passaggio di consegne tra Élisabeth Borne e Gabriel Attal (Fonte: Ansa Epa/Yoan Valat)

Otto presidenti per 44 governi: nella Quinta Repubblica francese, inaugurata nel 1958 dal generale Charles De Gaulle, la stabilità dei presidenti della Repubblica si è accompagnata a un frequente ricambio dei primi ministri. L’ultimo in ordine cronologico è il 34enne Gabriel Attal, enfant prodige della politica francese che è stato nominato da Emmanuel Macron alla guida del governo transalpino. Il presidente ha scelto lui, incoronato dai sondaggi come il politico più apprezzato dai francesi, per recuperare i consensi perduti con le misure impopolari approvate dal governo uscente di Élisabeth Borne. L’obiettivo è quello di rafforzare il partito Renaissance in vista delle elezioni europee di giugno e, con lo sguardo al 2027, delle prossime elezioni presidenziali. In quel momento potrebbe essere Attal a candidarsi come successore di Macron, ma per farlo dovrà sopravvivere alla guida del governo per 28 mesi, traguardo tutt’altro che scontato ai tempi della Quinta Repubblica, quando gli esecutivi durano in media un anno e mezzo.

Il sistema francese – Fino al 1958 in Francia era in vigore un sistema parlamentare: come in Italia, i cittadini eleggevano i loro rappresentanti al Parlamento, che votavano la fiducia a un presidente del Consiglio indicato dal presidente della Repubblica. Con questo sistema, rimasto in vigore appena 12 anni, l’instabilità dei governi era all’ordine del giorno: la durata di un esecutivo era in media di sei mesi. Per questo motivo il generale Charles de Gaulle, eroe della Seconda guerra mondiale e già presidente del Consiglio nella Quarta Repubblica, si fece propulsore di una modifica dell’assetto istituzionale che rafforzasse le istituzioni. La Francia è quindi passata a un sistema semipresidenziale, in cui il potere esecutivo è suddiviso tra il presidente della Repubblica e il governo, guidato dal primo ministro. Dal 1965 i cittadini eleggono direttamente il presidente della Repubblica, che nomina (e può licenziare) il primo ministro. I poteri di quest’ultimo sono quindi ridotti rispetto a un presidente del Consiglio italiano: egli dirige l’azione del governo, ma non ha un vero potere di indirizzo politico, che resta in capo al presidente della Repubblica. Inoltre il primo ministro resta responsabile davanti al Parlamento, che può sfiduciare il governo ma non il presidente della Repubblica.

Il passaggio di consegne – Alla luce di questo assetto istituzionale, a pagare il prezzo delle scelte impopolari dell’esecutivo è spesso il capo del governo. Così è accaduto alla prima ministra uscente Élisabeth Borne, che per volontà di Macron ha approvato in meno di due anni due misure divisive come la riforma delle pensioni, che ha innalzato l’età di pensionamento, e la legge sull’immigrazione, per intensificare gli allontanamenti degli immigrati irregolari. Nei mesi in cui Borne ha guidato il governo il consenso per Macron è crollato dal 41% al 32%, a vantaggio della sua principale rivale Marine Le Pen, che si è invece rafforzata. A pochi mesi dalle elezioni europee di giugno il presidente della Repubblica ha quindi deciso di dare un nuovo volto al governo, spingendo alle dimissioni la 62enne Borne e affidandosi alla personalità politica preferita dai francesi, il fino ad allora ministro dell’Istruzione Gabriel Attal. Da molti considerato un “baby Macron”, Attal ha da subito sottolineato che «il più giovane presidente della Repubblica della storia (Macron aveva 39 anni quando è stato eletto la prima volta nel 2017, ndr) ha nominato il più giovane primo ministro della storia». Attal può vantare una carriera lampo tra le fila del governo: segretario di Stato alla Gioventù ad appena 29 anni, ha poi ricoperto i ruoli di portavoce e ministro dei Conti pubblici, fino al più recente incarico di ministro dell’Istruzione. Tra le sue credenziali, Attal può vantare delle eccellenti doti comunicative, che lo hanno contraddistinto fin dagli anni universitari a SciencesPo, quando i suoi compagni di studi già immaginavano di vederlo un giorno presidente. Giorno che potrebbe arrivare nel 2027, se saprà uscire indenne dai prossimi due anni e mezzo alla guida del governo.