Il presidente americano uscente Donald Trump non molla ma inizia a intravedere la sconfitta. Ha deciso di ritirare un ricorso annunciato nello stato della Pennsylvania contro la validità di alcuni voti postali: l’azione intentata dai legali del magnate dunque non arriverà all’udienza. La scelta è in controtendenza rispetto alla narrazione trumpiana successiva al voto del 3 novembre scorso, quella di essere il vero vincitore delle elezioni e che il risultato favorevole agli avversari democratici sia il frutto di brogli. E’ la posizione che mantiene ancora adesso. Alle 5.55 del 16 novembre (ora italiana), un suo tweet recitava: «I won the election!» (ho vinto le elezioni). Su questo e altri post Twitter pone però un’etichetta: «Official sources called this election differently» (le fonti ufficiali assegnano la vittoria delle elezioni in modo differente).

Stato chiave – Dopo il giorno delle elezioni, Trump ha presentato due ricorsi in Pennsylvania, entrambi diretti contro il voto postale. Il primo, ora ritirato, contestava poco meno di 630 mila voti: la tesi era la mancanza di osservatori del partito repubblicano al momento dello spoglio. Il secondo, ancora in corso, si basa sull’accusa di avere ignorato certe irregolarità avvenute durante il voto per corrispondenza. Alcune contee a trazione democratica avrebbero convalidato alcuni voti anche in assenza di certe indicazioni che gli elettori erano tenuti a fornire sulle buste. Con quasi 13 milioni di abitanti la Pennsylvania assegna 20 grandi elettori, cioè un tesoretto di venti voti elettorali da assegnare a chi ha la maggioranza in questo stato del nord-est. Prima che iniziassero i conteggi del voto postale Trump si trovava in vantaggio. Risultato ribaltato appena si è iniziato a scrutinare i voti arrivati per corrispondenza. Lo sfidante, il democratico Joe Biden, ha beneficiato del tradizionale favore che il voto per posta riserva al suo partito per accaparrarsi i 20 grandi elettori. Questo fatto ha significato la certezza matematica di vittoria per Biden. In questo quadro non stupisce la scelta del magnate di avviare due azioni legali proprio in Pennsylvania.

Le repliche –  Anche sul ricorso ancora in atto si preannuncia la battaglia. Il democratico Cliff Levine, avvocato e rappresentate del comitato elettorale per la Pennsylvania, rigetta la tesi del secondo ricorso. Non ci sarebbe una legge – sottolinea Levine – che vieti di chiudere un occhio su piccole carenze tecniche nell’esercizio del voto. In ogni caso, secondo i dem, si parlerebbe di un margine esiguo di voti, non sufficiente a riportare Trump in testa.

Twitter –  Anche ieri (15 novembre) Trump è stato molto attivo su Twitter. Il magnate ha dichiarato attraverso la piattaforma che sarebbero state portate avanti azioni legali per dimostrare l’incostituzionalità delle votazioni. Si è trattato di velato accenno a un ricorso alla Corte Suprema (controllata dai repubblicani), subito sostituito da un altro cinguettio in cui il presidente uscente afferma di non riconoscere la vittoria di Biden. Ma la piattaforma ha deciso sceglie di segnalare, anche se non censurare, gli interventi del presidente. Sarà solo quando Trump lascerà la Casa Bianca che perderà i privilegi assegnati ai politici di rilievo. A quel punto il social network potrebbe decidere per la rimozione dei post incriminati, anziché apporre etichette di disconferma.