Ormai è quasi certo. L’ex segretario di Stato Hillary Clinton vincerà la nomination del Partito democratico. Eppure conserva tuttora una serie di punti deboli che, se non sembrano essere in grado di inceppare la Clinton machine alle primarie, potrebbero farlo nel duello finale. Vediamo quali sono i principali con l’aiuto del prof. Gianluca Pastori, docente di Storia delle relazioni tra il Nord America e l’Europa all’Università Cattolica di Milano.

Poveri, con i portafogli degli altri

Anzitutto la scarsa credibilità. Per una parte dell’elettorato, qualsiasi mossa di Clinton sembra dettata dall’opportunismo e non da profonde convizioni. L’ex first lady paga il pegno di essersi schierata prima “a favore” poi “contro” in diverse situazioni, come nel caso della guerra in Iraq ora generalmente condannata. Senza contare che la candidata democratica, e non è un mistero, piace ai colletti bianchi di Wall Street, piace ai neoconservatori – neanche due mesi fa Robert Kagan le ha dedicato un endorsement in forma di editoriale sul Washington Post– e alla medio-alta borghesia americana. I poorly educate la sentono troppo distante da loro, nonostante gli sforzi di avvicinarli.

E’ la demografia, bellezza

Ma non sono solo le fasce più povere il problema. Ci sono i “Millennials”, i nati attorno agli anni Ottanta e cresciuti a cavallo degli anni Duemila, che in questi mesi si stanno schierando a favore di Sanders in maniera schiacciante. Il lavoro, la redistribuzione della ricchezza, sono queste le tematiche che interessano le giovani generazioni. E su queste Sanders si spende parecchio, almeno nei comizi e nel programma elettorale. E poi ci sono le donne, e non solo le più giovani, che paradossalmente non riescono a darle fiducia. «Da questo punto di vista», sostiene Gianluca Pastori, «Hillary Clinton paga il prezzo di una collocazione troppo “al centro” dello spettro politico. Donne e giovani rimangono un suo punto debole, un problema che rischia di accentuarsi se, come appare probabile, la campagna elettorale continuerà a radicalizzarsi. Forse anche per questo, negli ultimi tempi, la comunicazione della Clinton si è sforzata molto di evidenziare i successi che comunque ci sono stati all’interno di questi “segmenti deboli” della sua offerta politica».

La politica estera e di sicurezza

Partendo dal presupposto, come sostiene Pastori, che in campagna elettorale «i temi di politica estera sono generalmente considerati molto meno importanti di quelli di politica interna», gli attentati di Bruxelles sembrano un punto a favore della candidatura di Clinton, più falco che colomba. In questo caso il suo bagaglio nel governo e in politica estera, generalmente un fardello difficile da portare avanti, è tornato a essere la sua forza. La passione politica di Sanders non riesce a nascondere la sua completa inesperienza in materia di rapporti e crisi internazionali. E anche in un possibile duello finale Trump-Clinton le posizioni troppo estreme del tycoon newyorkese potrebbero penalizzarlo. «In questo caso, l’ex Segretario di Stato potrebbe beneficiare anche di voti potenzialmente repubblicani che si sentirebbero meglio rappresentati da un candidato di esperienza, anche se democratico, piuttosto che da un outsider come Trump».

Se nei giorni che separano la Convention dei delegati dal fatidico 8 novembre Clinton dovesse riuscire a convincere gli americani, bisognerà capire quanto riuscirà a portare avanti il suo programma, che prevede in sintesi di: ridurre la forbice che separa i più ricchi dai meno abbienti, favorire la parità di genere, ribadire la leadership globale degli Stati Uniti, limitare l’influenza delle lobby. Per Pastori, «la possibilità per Hillary Clinton di realizzare in modo più o meno ampio il programma elettorale dipende dal suo “ticket”, ovvero il “compagno di corsa” che sceglierà per la vicepresidenza; dall’appoggio su cui potrà contare da parte del partito; dalla scala della sua eventuale vittoria, ossia il divario di voti che la separerà al suo avversario».

Un ruolo importante, ricorda il prof. Pastori, sarà svolto anche dal Congresso. Non dimentichiamo che, oltre alle presidenziali, a novembre si terranno le elezioni per il rinnovo completo della Camera dei Rappresentati e di un terzo del Senato, ora entrambi a maggioranza repubblicana. «L’esito di queste consultazioni, sia in termini del rapporto che emergerà fra seggi democratici e repubblicani, sia in termini degli equilibri che si instaureranno all’interno dei due partiti, sarà essenziale per la concreta implementazione dell’agenda politica del candidato».

Staremo a vedere.

Diana Cavalcoli
Angelica D’Errico