Due donne, due universi, umani e politici. Talmente distanti che quest’anno il New York Times non sa scegliere e, alle primarie del partito Democratico per le elezioni presidenziali del 2020, le sosterrà entrambe. Elizabeth Warren e Amy Klobuchar: sono loro le due candidate a cui “la signora in grigio” (questo il soprannome del giornale per la veste grafica sobria e le posizioni progressiste ma moderate) darà il suo supporto tra una decina di giorni, quando, negli Stati Uniti, inizierà la sfida tra i dem per stabilire chi opporre a Donald Trump il 3 novembre 2020.

Due donne – Una scelta sui generis, quella del New York Times, per almeno due ragioni: intanto, è la prima volta che il quotidiano dà il suo endorsement non a uno, bensì a due candidati. «Contrariamente alle convenzioni», scrivono gli editorialisti sul sito del giornale, sono due i nomi prescelti perché rappresentativi di due diversi modi di fare e intendere la politica. L’altra novità rispetto agli anni passati è che il giornale americano ha pubblicato integralmente le interviste rilasciate dei vari candidati democratici nelle scorse settimane, probabilmente per prevenire le accuse di opacità e incompletezza ricevute in altre situazioni. Secondo alcuni osservatori le interviste di quest’anno sarebbero avvenute in modo più trasparente che in passato ed è proprio qui che sarebbe emersa la polarità di vedute di Warren e Klobuchar. Il quotidiano sottolinea che quasi tutti i dem intervistati, se eletti, promettono di diventare «il presidente o la presidente più progressisti da decenni a questa parte». Ma ciò che contraddistingue le due candidate, spiega sempre il Nyt, «non è il cosa vogliono, ma come intendono farlo».

Warren – Elizabeth Warren ha 70 anni, è senatrice dal 2013 e vanta una lunga carriera da avvocata e accademica. Più volte apparsa sul Time come una delle 100 persone più influenti al mondo, è nota alle cronache statunitensi per i suoi accesi scontri verbali con Trump, che ha spesso apostrofato con epiteti poco lusinghieri («bullo razzista» e «ometto arraffa soldi insicuro»), attirandosi gli sfottò del presidente: «Pocahontas» l’ha rinominata, per via delle lontane origini nativo-americane. Secondo il New York Times, Warren piace molto all’ala sinistra dei democratici, quella «da cui sono arrivate alcune delle proposte più convincenti». Gli editorialisti di Eight Avenue sottolineano, tra le altre, quella per facilitare la costruzione di nuove case e il sostegno incondizionato alla Nato che la senatrice ha annunciato di voler mantenere: «ne avremmo davvero bisogno, dopo che Trump lascerà il suo incarico», commentano. Non mancano le critiche, in particolare quella di essere poco incline al compromesso e di aver fatto ricorso alla retorica populista del «noi contro di loro» in campagna elettorale: il New York Times fa notare che in questo modo, caro a Trump, si esasperano le divisioni tra gli americani mentre il Paese avrebbe ora bisogno di un atteggiamento più unificante.

Klobuchar – E’ proprio con il desiderio di una maggiore concordia che si spiega la seconda scelta del quotidiano. Amy Klobuchar. 59 anni, senatrice dal 2007, è considerata una delle voci più moderate del partito. Secondo un recente studio Klobuchar avrebbe prodotto il maggior numero di misure sostenute sia dai Democratici che dai Repubblicani. Inoltre, è originaria del Minnesota, stato che fin dall’Ottocento non tende in modo deciso né a destra né a sinistra. Attualmente Klobuchar gode di circa il 3 per cento del consenso nazionale, ma nello Iowa e nel New Hampshire, i primi due stati in cui si voterà alle primarie, si attesta al quinto posto, dopo il gruppo composto da Joe Biden, Bernie Sanders, Pete Buttigieg e Warren. Il New York Times ne apprezza il pragmatismo e la capacità di raccogliere sostegno sia dai democratici che dai repubblicani: «potrebbe essere la carta migliore per approvare delle misure progressiste», sostiene il giornale, come quella di dimezzare la povertà infantile e di azzerare le emissioni nette nell’atmosfera entro il 2050. Diversamente da Warren, sulle posizioni di Klobuchar gli editorialisti del quotidiano non hanno espresso dubbi, limitandosi ad annotare come, secondo qualche indiscrezione, la senatrice tratterebbe molto male i suoi dipendenti e collaboratori. Qualcuno, per questo, potrebbe rinunciare a lavorare con lei, ma la questione, finora, non sembra aver incrinato il sostegno dei suoi elettori, che in Iowa hanno raggiunto il 7%.