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Quando il vantaggio di Trump si fa più consistente, Nigel Farage non perde tempo e senza aspettare i dati definitivi è il primo a twittare i suoi complimenti all’outsider vincitore. Un’altra rivoluzione si sta compiendo, e sarebbe persino più grande della Brexit, scrive. Le analogie tra le due elezioni sono molte, dall’incapacità degli analisti di fiutare gli umori popolari, subito sottolineato dal Guardian, alle difficoltà della classe politica tradizionale di sintonizzarvisi e guidarlo.

2014-07-01-europaparlament_marine_le_pen_by_olaf_kosinsky_-104_3Marine Le Pen preferisce aspettare che le proiezioni siano certe per congratularsi con il nuovo presidente degli Stati Uniti in pectore, anche lei in un tweet: “il popolo americano è finalmente libero!”. La leader del Front National aveva appoggiato il candidato repubblicano e a inizio settembre, in un’intervista al giornale Le Parisien, si era paragonata al tycoon statunitense: entrambi anti-establishment e contro la guerra. E ora spera che il vento di cambiamento americano favorisca anche la sua corsa alla presidenza, e auspica che anche in Francia venga dato lo stesso “calcio nel sedere ai sistemi politico-mediatici”, ad opera sua, è sottinteso, perché “i popoli hanno bisogno di verità e coraggio”.

Attento al popolo anche il ministro degli esteri francese Jean-Marc Ayrault, nelle cui parole si legge anche un ammissione di colpa per gli errori fatti nei confronti dei più deboli e delle classi lavoratrici, un tempo bacino elettorale delle sinistre: “una parte dei nostri concittadini ha l’impressione di essere stata abbandonata”. Allo stesso tempo ribadisce però che l’Europa non deve indietreggiare di fronte all’avanzata dei populismi né chiudersi in se stessa, ma mostrarsi “più attiva e offensiva”, assumendosi il “compito di rassicurare”. Ayrault ammette anche di aver sospettato negli ultimi tempi una certa difficoltà della Clinton. Se la percezione era autentica, non l’ha comunicata all’Eliseo, dove, da indiscrezioni della radio francese Rtl, era pronta un’unica lettera di congratulazioni: quella per la Clinton. Per la presidenza era escluso che Trump potesse vincere.

Anche per i tedeschi la vittoria di Trump è stata “un forte shock”. La prima a parlare è la ministra della difesa Ursula von der Leyen, che mette le mani avanti e anticipa le criticità che emergeranno con il nuovo presidente: lui prevedibilmente chiederà maggior cooperazione attiva nella Nato, ma l’Europa da parte sua deve pretendere più chiarezza da parte dell’America all’interno dell’organizzazione. L’ambasciatore americano presso la Natol, Douglas Lute, subito rassicura che l’alleanza transatlantica non è questione di schieramenti e resterà una pietra angolare della politica estera statunitense.

2015-12_martin_schulz_spd_bundesparteitag_by_olaf_kosinsky-18Pessimista anche Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo, che al canale pubblico tedesco Ard ammette le difficoltà che potrebbero sorgere con Trump, ma è certo che il sistema istituzionale americano sarà in grado di sopportare e integrare anche il tycoon e le sue anomalie. Federica Mogherini fa invece la parte del poliziotto buono, e tocca a lei, su Twitter, rassicurare gli attori politici ed economici internazionali: si dice certa di continuare a lavorare insieme agli Stati uniti, riscoprendo anzi la forza dell’Europa.

Più cauta e possibilista la ministra degli esteri australiana, Julie Bishop, che rassicura che il paese lavorerà costruttivamente con gli Stati Uniti, chiunque sia il suo leader. Anche il ministro degli esteri belga, Didier Reynders, riconosce il valore della grande democrazia statunitense a prescindere dal presidente. Aggiungendo però l’auspicio che l’America non si ripieghi su se stessa.

Voci più ottimiste si levano come previsto dalla Russia. Il presidente della commissione affari esteri del Senato russo, Konstantin Kosachev, parla di piccolo spiraglio per i miglioramento dei rapporti russo-statunitensi, pur avanzando il sospetto che il Congresso a trazione repubblicana potrebbe rendere i rapporti con Trump complicati, ma sicuramente meno di come lo sarebbero stati quelli con Hillary. Ancora più speranzosi gli esponenti dell’opposizione russa, comunque organica al regime, che si augurano un’abolizione delle sanzioni contro il paese e un miglioramento della situazione ucraina. Anche Vladimir Putin si congratula con un telegramma e si dice sicuro di poter collaborare nell’interesse dei reciproci interessi. Dal canto suo l’ambasciatore americano a Mosca, John Tefft, ricorda che le istituzioni democratiche statunitensi “continuano ad esistere e”, aggiunge a scanso di equivoci, “a vincere”.