Julian Assange, fondatore di Wikileaks e Edward Snowden (foto: Ansa)

Brutte notizie arrivano per Edward Snowden dall’Equador, il paese dove l’ex contractor della National Security Agency sperava di ottenere l’asilo politico, dopo che è scoppiato il Datagate. Per una risposta del governo equadoriano ci vorranno delle settimane, forse dei mesi. L’ho ha detto il 26 giugno il ministro degli Esteri Ricardo Patino, paragonando il caso della “talpa” della Cia a quello di Julian Assange, fondatore di Wikileaks, che da un anno si nasconde nell’Ambasciata dell’Equador a Londra. “Nel caso di Assange ci sono voluti due mesi perché prendessimo la decisione, quindi non ci si aspetti che decidiamo più rapidamente stavolta”, ha detto il ministro del paese sudamericano.

Una dichiarazione poco rassicurante per l’americano che continuerebbe a rimanere nella zona franca dell’aeroporto di Mosca Sheremetyevo, dopo esserci arrivato da Hong Kong domenica pomeriggio. Snowden sarebbe bloccato all’aeroporto anche perché non ha documenti validi, visto che il suo passaporto è stato annullato dagli Stati Uniti. Da un account Twitter che pareva ascrivibile a Snowden, probabilmente un’ennesimo fake, che però, come riporta l’Ansa, ha già raccolto ottomila follower, è stato lanciato un appello: “Popolo dell’Ecuador, twittate a Riccardo Patino e persuadetelo a farmi entrare nel vostro Paese!”

Intanto si è fatto avanti un altro paese latinoamericano che potrebbe ospitare il contractor accusato di spionaggio negli Stati Uniti. Il 26 giugno il neoeletto presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, ha detto che se da Snowden fosse arrivata una richiesta di asilo politico, sarebbe accolta “senza problemi”. Sostenitori di Snowden non mancano anche in Russia, dove ieri il Consiglio dei diritti umani presso la Presidenza della Federazione Russa ha lanciato una proposta per una petizione rivolta a Vladimir Putin con la richiesta di concedere l’asilo politico al fuggitivo. Anche Alexei Pushkov, presidente della commissione Esteri della Duma, noto per la sua linea politica molto netta a sostegnio del regime di Putin, si è schierato su Twitter dalla parte di Snowden. “Assange, [Bardley] Manning e Snowden non sono delle spie, hanno rivelato le informazioni segrete non per i soldi, ma per l’idea. Sono dei nuovi dissidenti, che combattono il sistema”.

Una dichiarazione che secondo alcuni giornalisti occidentali che lavorano in Russia, come Miriam Elder del Guardian, è poco conciliabile con gli ultimi sviluppi sul fronte dei diritti umani in Russia. Dove il 26 giugno è stata sospesa l’organizzazione per i diritti umani Goloss, che ha rivelato i brogli alle elezioni parlamentari del 2011.

Anna Lesnevskaya