Si è interrotta l’azione di protesta dei militari eritrei, che dal 21 gennaio occupavano il ministero dell’Informazione ad Asmara, sede dell’unica emittente statale, Eri-TV. Lo ha reso noto il sito dell’opposizione in esilio Awate.com, affermando che tutti gli ostaggi sono stati rilasciati e che il confronto si sarebbe «risolto quando il governo ha accettato le richieste del capo degli ammutinati».
I soldati, dopo aver fatto irruzione negli studi dell’emittente, avevano interrotto le trasmissione radiofoniche e televisive, costringendo il direttore, riferiscono fonti dell’opposizione, a leggere un comunicato in cui si manifestava la volontà di far applicare da parte del governo dittatoriale di Afewerki la Costituzione del Paese. E si chiedeva la liberazione di tutti i prigionieri politici che, secondo le Nazioni Unite, lo scorso anno erano tra i 5.000 e i 10.000.
L’occupazione del ministero è stata letta come una prova di colpo di stato nel Paese governato con il pugno di ferro, dal 1993, dal presidente Isaias Afewerki. Il possibile golpe avrebbe potuto avere grosse ripercussioni nei rapporti dell’Eritrea con l’Etiopia, per la quale situazione di instabilità politica di Asmara avrebbe potuto significare una nuova occasione di prendere il controllo dello Stato, aprendosi un accesso diretto al Mar Rosso.
Sono poche e frammentarie le informazioni disponibili sugli avvenimenti, a causa delle precarie condizioni della libertà di stampa del Paese. Le testate giornalistiche indipendenti sono state chiuse nel 2001, mentre nel 2004 era stato espulso l’ultimo corrispondente straniero accreditato. L’elenco stilato dall’organizzazione Reporter Senza Frontiere, colloca l’Eritrea l’ultima di 179 stati per quanto riguarda la libertà di espressione.
Su Twitter, per cercare di comprendere cosa stesse succedendo, si sono susseguiti negli ultimi due giorni rilanci di informazioni sotto gli hashtag Eritrea e Asmara. Intanto, il direttore del Gabinetto del presidente eritreo, Yemane Gebremeskel, ha commentato con un tweet: “Tutto è calmo, così come in effetti era ieri”.
Gabriele Principato