A cinque giorni dall’eruzione del vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Hàapai, sono arrivati i primi aiuti a Tonga, arcipelago del Pacifico centrale a nord della Nuova Zelanda. Nella mattinata del 20 gennaio due aerei militari, uno neozelandese e l’altro australiano, sono atterrati nella capitale Nuku’alofa con a bordo acqua potabile, generatori di corrente, apparecchiature di comunicazione e altri beni di prima necessità da distribuire alla popolazione locale. «Lo sforzo per liberare la pista di atterraggio da parte delle forze armate è stato gigantesco» ha dichiarato all’arrivo il comandante dell’aviazione neozelandese Jim Gilmour. La capitale è infatti devastata dai detriti e dalle conseguenze degli tsunami che hanno investito l’arcipelago in seguito all’eruzione. L’ufficiale militare a capo delle operazioni ha dichiarato che le immagini satellitari sono preoccupanti, ma che è ancora troppo presto per una stima reale dei danni e una valutazione in termini di assistenza. Il C-130 Hercules ripartirà in giornata per la Nuova Zelanda e sarà pronto a tornare sabato 22 gennaio. Intanto il primo ministro neozelandese ha annunciato l’arrivo di una nave con a bordo un elicottero per valutare lo stato dei canali marittimi e delle infrastrutture del principale molo dell’arcipelago, mentre un’altra nave si prepara a salpare con a bordo oltre 250 mila litri di acqua e altri viveri. I collegamenti telefonici tra Tonga e il resto del mondo sono stati ripristinati, mentre servirà ancora tempo per il recupero della linea internet, danneggiata dalla rottura di un cavo di trasmissione sottomarino. Almeno un altro mese, è la previsione della compagnia telefonica Digicel, che fa notare come nessun intervento sarà possibile senza l’arrivo di una nave specializzata, in partenza dalla Papua Nuova Guinea nel fine settimana.
Disastro – “La peggiore esplosione degli ultimi trent’anni”, così è stata definita l’eruzione del vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Hàapai del 15 gennaio. Tsunami hanno devastato l’arcipelago di Tonga, un regno di appena 105 mila abitanti e grande meno di Roma. I danni provocati potrebbero essere incalcolabili. Nessuna notizia è arrivata da Tonga in questi giorni a causa dei blackout che hanno messo fuori uso internet e linee telefoniche. La capitale è invasa dall’acqua e mancano viveri e generi di prima necessità per uno dei Paesi più poveri al mondo. Per il momento Le morti accertate sono tre, ma il numero è destinato a salire. Gli aiuti internazionali in arrivo saranno fondamentali per rimettere in piedi il regno devastato, ma potrebbero nascondere l’ennesima occasione di influenza geopolitica.
Problemi di geopolitica – Cosa c’entra la politica nel disastro di Tonga? Lo ha provato a spiegare l’ex primo ministro australiano Kevin Rudd sul proprio profilo Twitter: «L’Australia dev’essere la prima ad aiutare Tonga, altrimenti la Cina arriverà con le picche», aggiungendo poi l’invito a inviare la flotta australiana a difesa dell’arcipelago. Un’analisi con toni forse esagerati, ma che nasconde qualcosa di più. Il China’s Global Times, giornale portavoce del Partito Comunista, ha già pubblicato un editoriale che conferma la disponibilità di Pechino. «La Cina è capace di aiutare le isole del Pacifico nella ricostruzione delle loro infrastrutture. Il gigante tecnologico Huawei sta già portando avanti progetti nell’area, come cavi in fibra ottica sottomarina». Proprio come quello la cui rottura ha lasciato Tonga senza internet. Il Times ha poi aggiunto che «diversi paesi occidentali, guidati dagli Stati Uniti, stanno provando a infiltrarsi nell’area per motivi geopolitici e dichiarano apertamente di essere contro la crescente influenza cinese nel Pacifico». In effetti Huawei aveva avviato degli interventi in Papua Nuova Guinea e nelle Isole Salomone, ma l’Australia era sempre riuscita a bloccarli. Su Tonga però l’influenza di Pechino è già affermata. Nel 2006 una rivolta contro il re Giorgio V mise a ferro e fuoco la capitale, costringendo il governo a chiedere aiuti economici alla Cina. Il Dragone concesse 112 milioni di dollari di prestito per ricostruire Nuku’alofa, ma il debito, ripagabile in 20 anni, mise in ginocchio il Paese. È probabile, rivelano diversi analisti, che gli aiuti australiani e neozelandesi in arrivo siano il modo di contrastare il soft power cinese nell’area.