Avrebbe confessato la donna arrestata per l’attentato nei pressi di Piazza Taksim, a Istanbul. Da quanto riferisce l’agenzia stampa Anadolu, che riporta il comunicato del dipartimento della polizia locale, la donna apparterrebbe al gruppo curdo-siriano del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) che però smentisce le accuse. Nel pomeriggio di domenica 13 novembre una bomba è esplosa in pieno centro, causando sei vittime e 81 feriti, di cui due gravi. Nessun italiano è rimasto coinvolto nell’esplosione. Intorno alle 16:30 (14.30 ora italiana), in una delle principali vie dello shopping nei pressi di Piazza Taksim, la Istikal Caddesi, si è sentito un boato. La dinamica dell’attentato non è ancora chiara. Dai video diffusi in rete, l’ordigno sembra esplodere da una panchina su cui erano sedute diverse persone. Secondo quanto ricostruito dal ministro della Giustizia Bekir Bozdag la bomba sarebbe stata dotata di un meccanismo autoesplosivo, oppure azionata a distanza.

 

L’esplosione e i presunti attentatori – “Arrestata la persona responsabile” ha annunciato il ministro dell’Interno Soumeylan Soylu all’agenzia stampa Anadolu poche ore dopo l’attentato. Dalle comunicazioni del presidente Recep Tayip Erdogan e del suo vicepresidente Fuat Oktay, la principale indiziata è risultata da subito una donna. Era stata individuata grazie alle telecamere di sorveglianza, per aver sostato sul luogo dell’attentato fino a pochi secondi prima che l’ordigno esplodesse. “Si è seduta su una panchina per 40-45 minuti e qualche tempo dopo c’è stata un’esplosione” ha riferito Bozdag. La polizia turca, nelle scorse ore, aveva reso pubblico il nome e la nazionalità della sospetta attentatrice, identificata nella curdo-siriana Ahlam Albashir. Nel corso dell’interrogatorio, la donna avrebbe confessato di appartenere al partito curdo armato Pkk e all’Unità di Protezione Popolare (Ypg/Ypj). Stando a fonti della polizia raccolte da Anadolu, nella notte sono state arrestate 46 persone in 21 diversi punti della città.

Fiori nel luogo dell’esplosione (Erdem Sahin/Ansa)

Le reazioni – “Quello di Istanbul è stato un vile attentato” ha subito dichiarato il presidente Erdogan, parlando di terrorismo. Erdogan ha augurato “misericordia ai fratelli morti nell’attentato” e assicurato che “gli autori di questo attacco saranno smascherati”. Immediata la solidarietà del governo italiano. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso “condoglianze alla Turchia per l’attentato subito e la morte dei cittadini innocenti”. Parole simili dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, che sul suo profilo Twitter ha mostrato “vicinanza al popolo turco e sentito cordoglio per le vittime innocenti”. Al contrario il governo di Ankara ha respinto le condoglianze arrivate dagli Stati Uniti dopo aver accertato l’etnia dell’attentatrice. “Washington sostiene i terroristi curdi in Siria”, ha accusato il ministro dell’Interno turco Soylu.


Intanto il presidente turco è arrivato a Bali, dove domani inizia il vertice G20 che vedrà riunirsi in Indonesia le più grandi potenze del mondo. L’episodio si verifica a otto mesi dalle elezioni in Turchia e nell’anniversario degli attentati al Bataclan nel 2015.

I precedenti – Quello di ieri in piazza Taksim è il primo attentato che si verifica a Istanbul dal 2017, quando nella discoteca “Reina” alcuni terroristi affiliati all’Isis avevano aperto il fuoco all’improvviso uccidendo 36 persone e ferendone oltre 60. Nel 2016 altri due attacchi avevano colpito la Turchia: il primo nella capitale Ankara. L’attentatore, di origine curdo-siriana, aveva lanciato un’autobomba contro un convoglio militare causando 28 morti e circa 60 feriti. Nel giugno 2016, all’aeroporto Ataturk di Istanbul uomini armati di kalashnikov avevano ucciso 41 civili e ferito 239 persone. Poche settimane dopo, il 15 luglio 2016, Erdogan sventò un tentativo di golpe organizzato da una parte dell’esercito turco. I militari avevano bloccato Istanbul e Ankara, bombardato il parlamento e rapito il capo delle forze armate. Il presidente turco riuscì a riprendere il controllo del Paese, ma il bilancio fu di 250 morti e duemila feriti.