Né di desta, né di sinistra, liberale, anti-ideologico. Dopo la vittoria di domenica, si cercano etichette per incasellare il pensiero di Emmanuel Macron e per trovare le chiavi del suo successo. Il leader di En Marche! ha più volte rivendicato la propria formazione filosofica, dalla tesi di laurea su Hegel al lavoro al fianco di Paul Ricoeur. Non solo un banchiere al potere, ma anche un intellettuale. Tra i suoi consiglieri può vantare pezzi grossi dell’alta finanza, ma anche filosofi e scrittori.

Il maestro-  Paul Ricoeur, morto nel 2005, è stato uno dei più importanti testimoni della coscienza filosofica del ‘900, lettore e interprete del pensiero di Kant e Machiavelli. I suoi studi, volti all’ermeneutica, gli valsero numerosi riconoscimenti internazionali. A 22 anni Macron divenne suo assistente, come ha più volte ricordato. Al punto che Myriam Revault d’Allonnes, amica e allieva del filosofo, lo ha accusato di aver strumentalizzato l’immagine del maestro, precisando che il neoeletto presidente era stato assistente di Ricoeur ma solo per aiutarlo a pubblicare la raccolta di saggi La Mémoire, l’Histoire, l’Oubli. Invece secondo Erik Osenna, ex consigliere di Mitterand e scrittore, Macron, come il suo maestro, porta avanti l’«apertura al possibile» e l’idea che il senso vero del progresso sia legato alla cultura.

Il mentore- Uno dei primi a credere in Macron, è stato Henry Hermand, che lo conobbe quando era appena uscito dall’École nationale d’administration, la fucina della classe dirigente di Francia. Ne divenne prima amico e poi testimone di nozze. Hermand, scomparso alla fine del 2016, fu direttore e vicepresidente del quotidiano  le Matin de Paris, scrisse molti articoli per l’Observateur e alla fine degli anni ’80 divenne membro del Consiglio economico e sociale, incarico che ricoprì per cinque anni. Imprenditore e uomo di sinistra è stato tra i finanziatori di Terra nova, associazione di ispirazione socialista, che ha contribuito a formare la coscienza sociale dello stesso Macron.

L’amico filosofo- E’ stato suo consigliere e se Macron si ispira al socialismo cristiano lo si deve soprattutto a lui: Olivier Mongin, filosofo ed ex direttore della rivista Esprit. I due si sono conosciuti grazie a Ricoeur. Mongin non si è mai dichiarato “macronista”, ma tra i due c’è una forte affinità, cresciuta negli anni passati insieme in redazione. Secondo quanto rivelano i quotidiani francesi, Mongin è stato una presenza fissa alle riunioni private che venivano convocate di sera o nei weekend durante la campagna elettorale.

L’economista- Liberation lo ha definito «le monsieur calculette de Macron», “signor calcolatrice”. Si tratta di Jean Pisani-Ferry, economista e docente alla Hertie School of Governance di Berlino e a Sciences Po a Parigi e stratega del programma economico di En Marche!. A lui si deve l’idea del piano di investimenti da 50 miliardi di euro per rilanciare l’economia d’Oltralpe e la proposta di tagliare 120 mila funzionari pubblici. In un’intervista a L’Echo, in cui preannunciava una riforma contro la disoccupazione e il potenziamento della formazione professionale  aveva dichiarato: «La prima priorità sarà la semplificazione del rapporto tra l’amministrazione e le imprese o le famiglie».