Una battaglia politica che Emmanuel Macron combatte fin dal 2017, dalla suo ingresso all’Eliseo come leader della Francia. Oggi giovedì 16 marzo è il giorno della resa dei conti. La riforma “des retraites” che alzerebbe da 62 a 64 anni l’età pensionabile sarà votata dall’Assemblée Nationale, l’equivalente transalpino della Camera dei deputati, dove la maggioranza presidenziale è tutt’altro che solida e i piani del capo di Stato rischiano lo stop. Alle 9 di questa mattina il Senato ha esaminato e approvato il testo con 193 voti a favore e 114 contro. Un risultato prevedibile, dato che i sostenitori di Macron godono della maggioranza assoluta.
L’iter – L’accordo sul testo da presentare al Parlamento è stato raggiunto il 15 marzo da una commissione paritetica convocata dal presidente. Sette senatori e sette deputati sono giunti a un’intesa necessaria per la stesura identica del testo. Per cercare di arrivare al voto nel minor tempo possibile, la maggioranza ha scelto di far ricorso a un articolo del regolamento parlamentare, la cosiddetta tagliola, che accorcia i tempi del dibattito in Parlamento. La procedura dovrebbe quindi concludersi entro il 26 marzo. Superata questa data, il provvedimento potrà essere adottato per decreto.
Cosa prevede la riforma – L’articolo 7 del progetto di legge è il punto cruciale del dibattito. Prevede l’innalzamento dell’età minima per la pensione da 62 a 64 anni, in un’ottica, secondo i sostenitori della riforma, di adattamento alla media europea (in Italia è 67 anni). Il governo ha l’obiettivo di alzare di un trimestre l’anno l’età minima per la cosiddetta “retraite”, fino ad arrivare al 2030. Per una pensione “piena” sarà inoltre necessario maturare 43 anni di contributi (non più 42) entro il 2027. Il progetto di legge è stato presentato per la prima volta lo scorso 10 gennaio dalla prima ministra Élisabeth Borne, che ha dichiarato di voler «salvaguardare l’equilibrio del sistema di pensionamento» con lo scopo di risparmiare 20 miliardi di euro e non accumulare deficit causato dallo squilibrio tra il numero dei pensionati e quello dei lavoratori. Un’impostazione in linea con le idee del Presidente Macron.
Le proteste – La sinistra di Jean-Luc Mélenchon e l’estrema destra di Marine Le Pen hanno fatto propria la battaglia contro la riforma. Le proteste guidate dai sindacati hanno bloccato la ville lumière, che da giorni continua a svegliarsi ricoperta dai rifiuti: in testa allo sciopero ci sono i netturbini e sono stati chiusi anche i tre inceneritori alle porte della città. Ieri i cortei dei manifestanti hanno riempito le piazze di tutto il Paese: circa 1,7 milioni di persone secondo la Cgt, principale sindacato a guida delle proteste. La polizia ha dichiarato che i partecipanti non erano più di 500mila.
Gli scenari – Macron ha dichiarato di non escludere alcuna prospettiva. Nel caso di vittoria del no, resta la possibilità per il governo di utilizzare il cosiddetto 49.3, l’articolo della Costituzione che prevede una procedura legislativa speciale, un voto di fiducia che rende il governo responsabile davanti all’Assemblée Nationale e che gli permette di “imporre” un provvedimento senza il voto del Parlamento. A quel punto, per bloccare la legge, alle Camere resta un’unica arma: una mozione di censura al Governo, che però richiederebbe l’appoggio di almeno 58 deputati. Nel caso in cui la legge non passasse, il capo di Stato non ha scartato la prospettiva di uno scioglimento del Parlamento e del ricorso a nuove elezioni.