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Che cosa preveda la riforma delle pensioni non è ancora chiaro, ma la Francia è già paralizzata. A Parigi è difficile persino trovare un Uber. Diverse linee della metro sono bloccate a causa degli scioperi, i taxi sono tutti prenotati e si parla di 600 chilometri di coda solo nell’Île de France, la regione della capitale. I sindacati sembrano intenzionati a non fare passi indietro per questa settimana, specialmente nel settore dei trasporti. La Sncf, (le ferrovie dello Stato) ha dichiarato che questa mattina, 9 dicembre, il 77% dei macchinisti che si occupano della guida dei treni è in sciopero. Come scrive Le Monde, questo mercoledì il premier Edouard Philippe, svelerà i contenuti della contestata riforma pensionistica, frutto – ha sottolineato il governo – di due anni di concertazione sociale. Liberi professionisti e agricoltori sono tra le categorie più svantaggiate dall’attuale sistema e le donne, che hanno in media carriere più discontinue e cambiano diversi mestieri, sono spesso costrette a lavorare fino a 67 anni per ottenere un sussidio sufficiente.

Le pensioni in Francia oggi – L’età pensionabile in Francia è di 62 anni, almeno sulla carta, perché a causa di vecchi accordi sindacali e di un sistema molto complicato, ci sono grosse differenze tra categorie di lavoratori e tra settore pubblico e privato. Questa varietà di trattamento risale al secondo dopoguerra ed è stata pensata per venire in contro alle esigenze di categoria. In totale ci sono 42 casse pensionistiche. I macchinisti delle ferrovie statali, per esempio, vanno in pensione a 50 anni, mentre i dipendenti della metropolitana a 55. Chi lavora nelle società pubbliche che forniscono gas ed elettricità può andare in pensione a 57 anni, i ballerini del corpo di ballo nazionale (che iniziano a lavorare molto presto) già a 42 anni. Molti lavoratori che non fanno parte di nessuna categoria “protetta”, spiega Politico, vanno in pensione oltre i 62 anni e ricevono circa 1.000 euro al mese, mentre i ferrovieri ricevono pensioni a partire da 2.100 euro al mese pur avendo versato meno contributi. Per i dipendenti del settore privato, tra l’altro, le pensioni sono calcolate sui 25 anni di maggiori contributi versati, mentre per i dipendenti del settore pubblico il calcolo si fa solo sugli ultimi sei mesi di servizio, quelli dove normalmente lo stipendio è più alto.

La riforma delle pensioni – La Francia è uno dei Paesi europei in cui si va in pensione più presto e le pensioni sono tutto sommato alte rispetto alla media. A pesare sono dunque le differenze tra pensionati. La promessa del presidente Emmanuel Macron è quella di uniformare il sistema creando un regime universale. Il che potrebbe alzare l’età pensionabile, o comunque rendere più conveniente posticipare il fine-lavoro, per alcune categorie. Il progetto di riforma non è stato ancora reso noto, ma solo illustrato a grandi linee; il premier Edouard Philippe ha promesso che sarà presentato mercoledì nella sua “integrità”, ma ha assicurato che ciò non verrà fatto in una “logica di confronto”. L’uomo che più di tutti ha lavorato dietro le quinte sulla riforma promessa da Macron è Jean-Paul Delevoye, soprannominato Monsieur Retraites (“Mister Pensioni”). Volto storico dell’era Chirac, è oggi uno dei dirigenti di En Marche, il partito di Macron. Lo scorso settembre è entrato ufficialmente nel governo in qualità di alto commissario per le pensioni. Da due anni porta avanti le trattative con i sindacati per riformare il sistema pensionistico. Le proteste vanno avanti da quattro giorni e hanno toccato praticamente ogni settore. A Parigi, il museo del Louvre ha annunciato che a causa degli scioperi potrebbero essere chiuse alcune sale.

Chi sta protestando – Dall’istruzione ai trasporti ferroviari, passando per gli avvocati, la polizia o la sanità: sono molte le professioni che hanno paura di rimetterci. Contro il “Mister Pensioni” Delevoye, alcuni dirigenti sindacali, tra cui Serge Mezzasalma della Confédération générale du travail (l’equivalente della nostra Cgil) lo accusano di «saper parlare bene ma di non aver fornito alcuna risposta alle nostre proposte per migliorare il sistema attuale e senza nemmeno tenerne conto». Molto criticata è anche la netta opposizione di Delevoye alla cosiddetta “clausola del nonno” proposta da alcuni ministri, che vorrebbe applicare la riforma ai soli neo-lavoratori, creando di fatto un sistema pensionistico a due velocità. Nel portare avanti la sua delicata missione può ancora contare sulla fiducia di Macron, ma ora le parti sociali lo guardano con sospetto: quello di voler a tutti i costi stringere i tempi per portare a termine la sua road map e far passare la riforma in Parlamento.

Lo spettro del 1995 – Non è la prima volta che la Francia viene bloccata da chi dice “no” a una riforma delle pensioni. La paralisi del dicembre 1995 durò tre settimane e costrinse il governo di Alain Juppé a rinunciare al progetto di riforma dell’assistenza sociale e delle pensioni. Il presidente della République era Jacques Chirac, eletto da cinque mesi e una delle novità della riforma sarebbe stata l’aumento di contribuzione per gli statali da 37,5 a 40 anni. Il che avrebbe equiparato pubblico e privato, oltre alla revisione degli assegni familiari, l’aumento dei costi della sanità e il calo dei rimborsi per i farmaci. Gli scioperi iniziarono il 24 novembre. Juppé dichiarò che non avrebbe fatto alcun passo indietro. I sindacati non mollarono e dopo tre settimane di blocco della metropolitana, dei treni, degli aeroporti, dei camion con le forniture di carburante, delle scuole, più sei manifestazioni oceaniche, il governo fece dietrofront. Juppé annunciò che avrebbe rinunciato all’aumento del periodo di contributi per la pensione dei lavoratori di treni e metrò, ma il giorno dopo scesero in piazza due milioni di persone. Riforma ritirata e popolarità del governo che precipita ai minimi storici. Un anno e mezzo dopo Chirac sciolse il Parlamento anticipando le elezioni.