Tutte le relazioni vivono alti e bassi. Il 25 maggio, la special relationship che dal 1946 lega Stati Uniti e Regno Unito sembra aver toccato il fondo. Almeno dal punto di vista dell‘intelligence. Dopo la pubblicazione sul New York Times delle foto dell’ordigno utilizzato da Salman Abedi per la strage di domenica – in cui hanno perso la vita 22 persone – la polizia di Manchester ha deciso di interrompere la condivisione di informazioni con i servizi segreti americani.

Gola profonda – La decisione rompe una collaborazione storica che risale alla fine della Seconda guerra mondiale, in piena guerra fredda con l’Urss. Allora, i servizi segreti di Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda crearono con l’accordo di Ukusa l’alleanza “five eyes”. Un coordinamento che si fonda sulla condivisione di tutte le informazioni a disposizione delle intelligence nazionali. Ma la collaborazione rischia di interrompersi. La pubblicazione sul Nyt delle foto della bomba scattate dalla scientifica inglese ha fatto infuriare la polizia di Manchester che teme di veder compromesse le indagini sull’attentato di domenica. Un portavoce delle forze antiterrorismo britannico ha detto: «Quando il rapporto reciproco fra servizi segreti si incrina, si danneggiano le relazioni, le nostre investigazioni e la fiducia delle vittime, dei testimoni e delle loro famiglie. Il danno è perfino maggiore quando le rivelazioni non autorizzate riguardano potenziali prove in un’indagine su atti terroristici».

Diplomazia inglese – Anche il sindaco di Manchester, Andy Burnham, ha usato parole dure contro la fuga di notizie, definendola «arrogante e irrispettosa». Secondo le indiscrezioni riportate dal quotidiano inglese The Guardian, la premier inglese Theresa May starebbe provando a smorzare un po’ i toni. Un collaboratore di Downing Street ha riferito che, trattandosi di un’operazione speciale, la competenza a decidere quali informazioni condividere e con chi spetta esclusivamente alle autorità di Manchester. Una posizione che formalmente consente a May di smarcarsi, ma che nella sostanza legittima la scelta della polizia. Del resto, la premier inglese, venerdì, incontrerà Donald Trump al G7 di Taormina ed è probabile che nel colloquio fra i due si cercherà una soluzione onorevole alla spiacevole fuga di notizie. Al termine della riunione al comitato di emergenza di alto livello (Cobra), però, May ha lanciato un avvertimento al presidente americano: «Discuterò con Trump della fuga notizie su attacco a Manchester al vertice Nato di Bruxelles. Dirò chiaramente che le informazioni di intelligence che vengono condivise dalle agenzie per la sicurezza devono rimanere al sicuro».

Salman Abedi – Nel frattempo continuano le indagini per trovare eventuali complici di Salman Abedi, l’attentatore di 22 anni che domenica si è fatto esplodere alla Manchester Arena durante il concerto di Ariana Grande. Se nelle prime ore dopo l’attentato era sembrato che potesse trattarsi di un« lupo solitario», con il passare del tempo gli inquirenti si sono convinti che a Manchester esista una cellula terroristica affiliata all’Isis. Troppo sofisticata la bomba per essere opera di un kamikaze fai da te. Lo conferma anche l’esplosivo artigianale usato, il perossido di acetone, lo stesso adoperato per gli attentati a Parigi del novembre 2015 e a Bruxelles del marzo 2016. Per il momento, gli arrestati sono otto. Fra loro anche due fratelli e il padre di Abedi, catturati in Libia dalle milizie di Tripoli. E proprio in Libia, secondo le ricostruzioni, Abedi, ex-studente di economia alla Salford University, si sarebbe recato più volte nel 2015. Da lì, come ripetutamente sostenuto dal ministro degli Interni francese Gerard Collomb, Salman avrebbe preso la strada della Siria per completare il suo addestramento terroristico fra le fila dei combattenti dello Stato islamico. Gli spostamenti sospetti di Abedi, secondo il Telegraph, sarebbero stati segnalati più volte all’antiterrorismo britannico. E anche alcuni amici del giovane cittadino libico-britannico avrebbero comunicato alle autorità la loro preoccupazione per il percorso di radicalizzazione intrapreso da Salman fra Libia e Siria. Un foreign fighter di ritorno, dunque, che potrebbe aver goduto però dell’appoggio di un network di affiliati all’Isis di stanza a Manchester. Proprio i complici che la polizia inglese sta ora cercando di scovare. Sempre che la fuga di notizie non li abbia anticipati, permettendo una fuga ben più grave, quella dei terroristi.