«Quando sono entrato in carica il gasdotto era quasi finito. Andare avanti ora con le sanzioni penso sarebbe controproducente per le nostre relazioni con gli europei». Con queste parole Joe Biden scioglie uno dei nodi principali delle relazioni tra Stati Uniti ed Europa. Il gasdotto in questione è il Nord Stream 2, che tagliando il Baltico porterà il gas russo direttamente nella Germania settentrionale, aggirando la nuova “cortina di ferro” di Polonia e Ucraina.
Il presidente americano ha confermato la sospensione delle sanzioni contro Nord Stream 2 AG, società svizzera organica a Gazprom – l’operatore energetico nazionale russo – coinvolta nella costruzione dell’ultimo tratto del gasdotto (completo già al 95%). L’annuncio arriva insieme alla conferma dell’incontro tra Joe Biden e Vladimir Putin, in un clima di apparente de-escalation tra Mosca e Washington. I due presidenti si incontreranno a Ginevra il prossimo 15 giugno per avviare un nuovo corso delle relazioni russo-americane dopo le recenti tensioni alla frontiera ucraina.
Il gasdotto della discordia – Il Nord Stream 2 rappresenta il raddoppio della linea già esistente, Nord Stream 1, inaugurato nel 2011 da Angela Merkel e Dimitrj Medvedev. Le due condotte già in funzione attraversano il Mar Baltico per 1220 chilometri, dai terminali di Vyborg alla cittadina tedesca di Grefswald. Il 10% del gas consumato in Europa passa per questa linea di approvvigionamento (55 miliardi di metri cubi). Nel 2017 vengono finanziate altre due condotte, alla cui costruzione partecipa anche l’italiana Saipem, che porteranno la quota di gas importato a 110 miliardi di metri cubi.
Sanzioni addio – Gli Stati Uniti da sempre si oppongono al progetto. Sul finire del 2019, a gasdotto quasi ultimato, l’amministrazione Trump emise una serie di sanzioni che colpivano direttamente le società e i manager coinvolti nel progetto. Una lettera firmata dai senatori repubblicani Ted Cruz e Ron Jhonson arrivava a minacciare direttamente le autorità tedesche di Grefswald se avessero deciso di portare avanti il progetto. Nel documento la costruzione del gasdotto era esplicitamente indicata come una complicità con «l’aggressione militare di Putin».
Pace tedesca – La decisione di Biden prende atto di una situazione difficile. Il gasdotto è quasi completo, la fiducia tra Germania e Stati Uniti ai minimi storici. Cresce negli States la percezione che Berlino sfrutti la protezione militare americana, mentre continua gli affari con gli acerrimi nemici. Insofferenza esemplificata in un’intervista del professore Maximilian Terhalle pubblicata sul Limes, dal titolo eloquente: La Germania smetta d’arricchirsi con i rivali di chi la protegge. Per riassumere: i tedeschi partecipano poco agli sforzi della Nato, vendono ai cinesi e comprano materie prime dai russi. Semplicemente intollerabile in quel di Pennsylvania Avenue.
Gli Stati Uniti hanno deciso che con la Germania bisogna usare sia il bastone che la carota. Il primo è stato utilizzato poche settimane fa, quando l’Ue (che nei circoli strategici americani è propaggine tedesca) ha sospeso gli sforzi per far entrare in vigore l’accordo sugli investimenti con la Cina su diretta pressione di Washington.
Ma qualcosa bisogna pur concedere alla “provincia ribelle”, per evitare un deterioramento definitivo delle relazioni. E così l’amministrazione Biden scende a patti, ma solo dopo che la Germania qualche mese fa aveva promesso che in caso di escalation in Ucraina o gravi violazioni dei diritti umani il gasdotto sarebbe stato bloccato. Infine, sospendendo le sanzioni, gli USA sperano che a completare l’opera saranno i costruttori tedeschi, di fronte alla minaccia di Gazprom di completarlo con navi posa-tubi di sua proprietà.
Russia ed America – Ma il messaggio è rivolto anche al Cremlino. Dopo quattro mesi di tensioni e una guerra sfiorata sul limes ucraino, le diplomazie dei due paesi sono tornate a parlarsi. L’incontro tra i due presidenti è un segnale molto forte che tradisce le intenzioni dell’amministrazione USA. Come già affermato dal Segretario Tony Blinken prima dell’insediamento, bisogna contenere la Russia per evitare che estenda la sua influenza sull’Europa, ma al contempo evitare che si saldi completamente con la Cina.
L’America ha esercitato forti pressioni sulla Federazione, minacciandola con le navi militari nel Mar Nero e accusandola di essere uno “stato canaglia” per le ripetute violazioni dei diritti umani. Adesso che i russi sanno che la nuova amministrazione non scherza, ci si può sedere al tavolo, ma non prima di aver scambiato qualche convenevole. Così la Casa Bianca ha acconsentito alla costruzione del NS2 (cui non si sarebbe forse potuta opporre) e poco dopo ha fatto sapere che non crede al coinvolgimento russo nel dirottamento del volo sequestrato dalla Bielorussia.
Verde speranza – In definitiva un’ammissione di sconfitta, ma limitando al massimo i danni. La Germania porta a compimento un progetto pensato e realizzato in opposizione diretta agli Stati Uniti. È un successo specialmente per l’ex cancelliere Gerhard Schroeder, fautore dell’apertura tedesca ad oriente che dalla fine del suo ultimo mandato nel 2005 presiede proprio il consorzio North Stream AG.
Agli Americani resta un’ultima carta da giocare per evitare in extremis la costruzione. A settembre in Germania si vota e la vittoria dei Verdi è tutt’altro che improbabile. Il partito di Annalena Baerbock è il più vicino agli interessi americani e il più lontano da quelli russi: per afflato umanitario vogliono allontanarsi da Mosca il più possibile, per vocazione ecologista sono ostili al gasdotto – pur sempre un vettore di energia non rinnovabile. Nel caso di un cancellierato verde, magari senza i centristi della Cdu nella coalizione, le sorti del Nord Stream 2 tornerebbero in bilico. La risposta definitiva si avrà solo il 26 settembre 2021.
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