Bagliori di luce risplendono in cielo sopra Gaza ma, al contrario delle stelle cadenti, queste strisce non scompaiono oltre l’orizzonte. Case, edifici, persone diventano infatti gli obiettivi su cui i missili – che da settimane sono tornati ad animare gli scontri tra Israele e Gaza – si abbattono. È stato il destino di Ali Hassan Ghali – leader militare della Jihad palestinese – che prima dell’alba dell’11 maggio è stato colpito a morte dai droni di Tel Aviv. Si tratterebbe però solo di uno dei vertici del gruppo terrorista che sono stati uccisi. Nella notte tra lunedì e martedì, Israele aveva eliminato nel sonno anche Khalil Bahitini, Jahed Ahnam e Tarek Az Aldin, colpendoli nelle loro abitazioni, insieme a oltre 20 civili, tra cui diversi bambini. Decisioni che hanno provocato reazioni diverse. Se da un lato il Segretario dell’ONU António Guterres ha chiesto «la cooperazione per fermare subito le ostilità», dall’altro la Lega Araba non ha esitato a puntare il dito contro Israele, dichiarando piena solidarietà ai cittadini palestinesi. L’operazione, chiamata “Scudo e Freccia“, era arrivata in seguito all’attacco di Gaza. Nella scorsa settimana le autorità della Jihad palestinese avevano lanciato un centinaio di missili in territorio israeliano, come vendetta per la morte del loro capo Khader Anan, che dopo uno sciopero della fame durato 86 giorni era deceduto in un carcere dello Stato ebraico.

Tregua instabile – Rapidi susseguirsi di scontri che sembravano essersi conclusi in un periodo di tregua tra le due fazioni in conflitto. Tuttavia, 36 ore dopo i tentativi di Egitto, Qatar e Onu di raggiungere un accordo erano stati spazzati via da un nuovo attacco contro Israele. Pochi i feriti e nessun morto, questo grazie anche ai sistemi di difesa adottati da Tel Aviv tra cui il “vecchio” Iron Dome e la “nuova” Fionda di Davide, pensata per colpire i missili a medio e lungo raggio.

Il ruolo di Hamas – A sorprendere è l’assenza di Hamas – organizzazione paramilitare palestinese, definita come terrorista da USA, Unione Europea e Israele – che non avrebbe per ora preso parte agli attacchi contro lo Stato ebraico. «Abbiamo motivo di credere che Hamas non sia coinvolta nei lanci di razzi», ha affermato il portavoce militare israeliano Daniel Hagari. «Se le altre fazioni si uniranno risponderemo anche a loro». L’alleanza della Jihad con l’organizzazione potrebbe cambiare le sorti del conflitto. Senza il suo supporto, il movimento islamico palestinese sarebbe stato colpito troppo duramente e non avrebbe più le risorse sufficienti per poter continuare con gli attacchi. Tuttavia, la guida di Hamas invertirebbe la rotta intrapresa finora, portando – come suggerisce La Repubblica – a una replica dell’operazione “Spada di Gerusalemme” del maggio 2021, quando per 11 giorni le fazioni della Striscia di Gaza riunite avevano lanciato oltre quattromila razzi.