«Siamo preoccupati in merito alla possibilità che gli Stati Uniti riconoscano unilateralmente Gerusalemme come capitale dello stato d’Israele». Nella notte fra il 4 e il 5 dicembre il presidente francese Emmanuel Macron ha telefonato a Donald Trump esprimendo i propri timori sul ventilato spostamento dell’ambasciata americana nella Città Santa. In un comunicato l’Eliseo ha precisato inoltre che «la questione dello status di Gerusalemme deve trovare una soluzione nell’ambito dei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi, come prevedono gli accordi di Oslo».

Il mondo arabo pronto alla rivolta – La Casa Bianca, attraverso le parole del portavoce Hogan Gidley, ha fatto sapere che la decisione sullo status di Gerusalemme arriverà nel giro di pochi giorni. La mossa di riconoscere la città come capitale d’Israele e di spostarvi l’ambasciata statunitense, che attualmente si trova a Tel Aviv, rischia di far riesplodere le tensioni in Medio Oriente. L’organizzazione palestinese Hamas minaccia di scatenare una nuova “Intifada”. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha avvertito Trump che l’eventuale riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele rappresenta «una linea rossa per i musulmani» e potrebbe portare alla rottura delle relazioni diplomatiche della Turchia con lo stato ebraico. Non nasconde la propria preoccupazione anche la Lega Araba: «La mossa degli Stati Uniti non farebbe altro che alimentare il fanatismo e la violenza fra israeliani e palestinesi», ha detto il suo segretario generale Ahmed Aboul Gheit lo scorso 2 dicembre.

Nodo gordiano – Gerusalemme, la città sacra alle tre principali religioni monoteiste (cristianesimo, ebraismo e Islam), da decenni è oggetto di contese, al centro di trattative che ancora non trovano uno sbocco. I palestinesi la rivendicano come capitale del loro futuro stato; gli israeliani la considerano la loro capitale “unica e indivisibile”: un tema così sentito dallo stato ebraico da far modificare la denominazione del luogo di partenza e arrivo della prima tappa del Giro d’Italia. Il presidente americano Donald Trump vuole riuscire laddove i suoi predecessori hanno fallito. A suo modo. Trump aveva promesso in campagna elettorale di trovare una soluzione alla questione israelo-palestinese e di riconoscere Gerusalemme come capitale d’Israele. Una simile scelta però potrebbe sconvolgere il piano di pace a cui stanno lavorando il genero-consigliere Jared Kushner e l’inviato speciale del presidente Greenblat e costringere a ridisegnare quegli equilibri politici che la stessa Casa Bianca sta cercando di creare in Medio Oriente. Dalla Siria all’Iraq, passando per un Libano ancora instabile, il mondo arabo è in piena fibrillazione. Con l’eccezione di Egitto e Giordania, che hanno stipulato con Israele un trattato di pace, tutti gli altri paesi arabi non riconoscono Israele come Stato. La decisione di Trump rischia così di essere interpretata come una provocazione inaccettabile dalle nazioni che sostengono la causa palestinese. Ma l’iniziativa provoca sconcerto anche tra i Paesi della comunità internazionale (tra cui l’Italia), le cui ambasciate si trovano a Tel Aviv proprio per evitare di prendere una posizione su una questione molto controversa.