«La protezione della libertà di stampa è appesa a un filo». E’ questo il messaggio che gli abbonati di Apple Daily hanno ricevuto il 17 giugno attraverso il sito e la app della testata. Durante la mattina la redazione del giornale di Hong Kong è stata presa d’assalto da più di 200 poliziotti. Cinque dirigenti di Apple Daily, tra cui il direttore Ryan Law, sono stati arrestati e sono stati congelati beni per 2,3 milioni di dollari. La polizia ha motivato l’irruzione in virtù della legge sulla sicurezza nazionale, approvata un anno fa tra mille polemiche e proteste in tutto il  mondo: i cinque arrestati, tutti di età compresa tra i 47 e i 63 anni, sono accusati di collusione con «nazioni o elementi stranieri che metterebbero a rischio la sicurezza nazionale» Apple Daily è il principale quotidiano schierato a favore della democrazia nella ex colonia britannica restituita alla Cina nel 1997. Il suo proprietario, Jimmy Lai, è in carcere dalla fine del 2020 per avere partecipato a proteste non autorizzate. Per Amnesty Internationali si tratta di un vero e proprio attacco alla libertà di stampa, come sostiene il suo portavoce per l’Asia-Pacifico, Yamini Mishra: «Con questo ultimo sfacciato attacco a uno dei suoi più accaniti critici tra i media, le autorità di Hong Kong stanno intensificando la repressione della libertà di stampa e usano il pretesto della “sicurezza nazionale” per giustificarla».

 

La vicenda  – Secondo la Bbc, l’irruzione è avvenuta intorno alle 7.30 del mattino ora locale, con il blocco di tutte le entrate e uscite dell’edificio che ospita il giornale. Apple Daily dichiara di avere subito la confisca di parecchio materiale giornalistico, nonché dei computer dei suoi dipendenti. Il sovrintendente senior Steve Li ha quantificato in 18 milioni di dollari di Hong Kong (pari a 2,3 milioni di dollari Usa) i i beni congelati alle società editrici di Apple Daily: “La Apple Daily Limited”, la “Apple Daily Printing Limited” e la “Apple Daily Interrect Limited”. Secondo la polizia di Hong Kong, il giornale si sarebbe reso colpevole di avere scritto più di trenta articoli che chiamavano in causa nazioni straniere per imporre sanzioni alla città o alla Cina continentale. Il Ceo della testata Cheung Kim-hung ha poi dichiarato che «per quanto difficili siano le circostanze, faremo il nostro lavoro con lo scopo di pubblicare normalmente i nostri articoli domani».

Legge sulla sicurezza nazionale – Quello del 17 giugno è la prima applicazione a danno dei giornalisti della legge sulla sicurezza nazionale, introdotta a giugno del 2020 con lo scopo di arginare le proteste che animavano la città sin dall’anno precedente. Con il provvedimento Pechino punisce «gli atti di sovversione, secessione, terrorismo e collusione con le forze straniere compiuti nell’ex colonia britannica». La sua introduzione è avvenuta  scavalcando il governo locale di Hong Kong, andando quindi contro le rivendicazioni stesse dei manifestanti della città. Questi chiedevano che le leggi della Cina continentale non violassero l’idea del “un paese/due sistemi”, cioè la sostanziale indipendenza giuridica di Hong Kong da Pechino. Il provvedimento è già stato applicato in passato, anche se non direttamente contro uomini e donne legati alla stampa. Oltre alla retata che ha portato Jimmy Lai in carcere, in agosto 2020 più di 100 persone sarebbero state arrestate grazie alla legge, 53 di questi in un’unica operazione a gennaio 2021. «Gli standard internazionali sui diritti umani affermano chiaramente che la “sicurezza nazionale” può essere invocata solo per giustificare la restrizione dei diritti e delle libertà quando vi sono specifiche, autentiche, dimostrabili imminenti e chiare minacce di violenza o uso della forza. Tutti gli operatori dei media arrestati oggi esclusivamente per avere svolto il loro legittimo lavoro giornalistico devono essere rilasciati immediatamente. Il giornalismo non è un crimine», sostiene Mishra di Amnesty International.