Donald Trump scende in campo e si schiera dalla parte dei manifestanti di Hong Kong. Il presidente degli Stati Uniti ha promulgato due leggi che hanno come obiettivo la difesa della democrazia nell’ex colonia britannica. «Ho firmato per rispetto verso il presidente XI e il popolo di Hong Kong», ha dichiarato il leader della Casa Bianca. Nel territorio autonomo del Sudest della Cina da giugno si sta consumando scontri di piazza tra le forze dell’ordine e una parte dei cittadini che chiedono maggiori tutele e più indipendenza da Pechino. La Cina è intervenuta sulla questione chiedendo a Trump di tornare sui suoi passi, pena un peggioramento dei rapporti tra i due Paesi. L’appoggio degli Stati Uniti ai manifestanti potrebbe infatti mettere in crisi, ancora una volta, le già difficili relazioni commerciali tra le due superpotenze.
Le leggi – I provvedimenti americani sono stati approvati quasi all’unanimità dal Congresso. La prima norma si chiama “Hong Kong Human Rights and Democracy Act”: oltre a stabilire sanzioni per i funzionari pubblici colpevoli di violazioni dei diritti umani, vincola lo status commerciale privilegiato concesso dagli Stati Uniti a Hong Kong a revisioni periodiche sullo stato dei diritti umani e civili. In altre parole, se verranno ravvisati guasti nel funzionamento della democrazia, l’America smetterà di trattare il Paese come un partner favorito negli scambi sul mercato. Il secondo disegno di legge, invece, vieta la vendita di armi per il controllo e la gestione dell’ordine pubblico, come lacrimogeni e proiettili di gomma, all’ex colonia britannica (tornata alla Cina nel 1997). Una accanto all’altra, le due norme sanciscono l’appoggio delle istituzioni americane alle proteste che stanno lacerando il Paese dagli inizi di giugno. Da tempo i manifestanti stavano chiedendo a Trump di abbandonare la sua posizione di neutralità e di combattere per la libertà di Hong Kong.
La reazione di Pechino – La Cina ha accolto con disappunto la decisione del Congresso e ha subito chiesto a Trump di non mettere in atto i due disegni di legge. «Hong Kong è un affare interno. Avvertiamo gli Stati Uniti di non agire arbitrariamente o altrimenti contrattaccheremo e gli Usa dovranno sostenere tutte le relative conseguenze», ha detto il ministro degli Esteri cinese in un comunicato. A rischio sono gli accordi commerciali tra le due superpotenze che avrebbero dovuto porre fine alla guerra dei dazi. I colloqui per ridurre le tasse doganali che i Pechino e Usa si erano imposti a vicenda erano arrivati a un punto di svolta, che avrebbe potuto portare a una pacificazione. Adesso, però, la decisione di Donald Trump di schierarsi a favore delle proteste potrebbe cambiare nuovamente il corso degli eventi. «L’Human Rights and Democracy Act minerà la cooperazione tra Cina e Usa», ha sentenziato il portavoce del ministro degli Esteri, Geng Shuang. Anche il governo di Hong Kong ha parlato di «forte opposizione e delusione» al provvedimento di Trump. Dal canto suo, il leader della Casa Bianca ha risposto di non aver voluto mancare di rispetto al Presidente Xi, ma di aver firmato nella speranza che «che i leader e i rappresentanti risolvano in maniera pacifica le loro differenze».
Le proteste ad Hong Kong – Continuano intanto gli scontri nell’ex colonia britannica. La polizia ha fatto irruzione all’interno del Politecnico di Hong Kong, occupato da circa 11 giorni dagli ultimi manifestanti che sono riusciti ad asserragliarsi dentro al campus. L’intervento delle forze dell’ordine arriva dopo la vittoria alle elezioni amministrative di domenica 24 dei candidati favorevoli alle proteste. Non si sa ancora come il Presidente Xi e la governatrice Carrie Lam intendono agire dopo la sconfitta. Sicuramente la presa di posizione degli Usa rende ancora più complessa la situazione. Per il governo di Hong Kong la decisione di Trump è ingiustificata proprio perché, nonostante il risultato, il voto ha mostrato che nel Paese «la democrazia è viva e vegeta».