Proseguono i combattimenti in Mali

Sarebbero oltre 400 mila i rifugiati maliani che dal nord hanno raggiunto i paesi confinanti per sfuggire alla guerra. Una catastrofe umanitaria che si teme possa peggiorare rapidamente. Il divieto ai civili di accedere alle zone di combattimento accresce l’impossibilità delle organizzazioni internazionali di monitorare la situazione dei profughi e quella dei civili ancora presenti sul territorio.

Secondo la Federazione Internazionale per i Diritti Umani (Fidh), l’esercito regolare del Mali, che sta ricevendo l’appoggio militare e politico della Francia nella guerra contro i gruppi armati dissidenti che controllano il nord del Paese, avrebbe effettuato una «serie di esecuzioni sommarie». Decine di individui sarebbero stati giustiziati nel nord, solamente «perché sprovvisti dei documenti di identità». Al Jazeera inoltre ha reso noto un rapporto nel quale si afferma che almeno sette persone sono state uccise in un campo militare nella città di Sevare. «Fonti credibili» parlano anche di 20 esecuzioni nella stessa città, con corpi «sepolti in fretta o nascosti nei pozzi». Secondo il rapporto presentato da Fidh, uccisioni sommarie sarebbero state compiute anche a Mopti e Niono.

Mark Doyle, analista della Bbc, commentando le vicende a Africa Review, ha fatto notare come i media internazionali, concentrati sull’intervento della Francia, abbiano distolto lo sguardo dalle violenze interetniche ai danni degli arabi e dei tuareg del nord da parte dell’esercito maliano, prevalentemente composto da soldati del sud del Paese.

Fra le forze dissidenti che controllano il nord del Mali, intanto, si è aperta una spaccatura. I moderati, appartenenti al gruppo armato islamico Ansar Dine, hanno abbandonato la compagine fondando il Movimento islamico dell’Azawad (Mia), con la volontà di allontanarsi da posizioni terroristiche e respingere «tutte le forme di estremismo». Nel comunicato che annuncia la nascita del Mia, i dissidenti hanno anche chiesto al governo francese di avviare una trattativa e di non attaccare Kidal e Menaka, città maliane sotto il loro controllo, strategicamente importanti per la loro posizione d’equidistanza dalla frontiera dell’Algeria e Niger.

Gabriele Principato