«Il Libano è vicino ad un’esplosione sociale su larga scala. Aiutateci a salvare i libanesi dalla morte, così da impedire la scomparsa del nostro Paese». Le parole del primo ministro Hassan Diab rivolte ai rappresentati della comunità internazionale non lasciano spazio a dubbi: Beirut è sull’orlo del disastro.

Tra le più gravi crisi dall’800 a oggi – Lo sfogo di Diab arriva dopo la pubblicazione da parte della Banca Mondiale di un duro report sull’attuale situazione economica e sociale del Paese dei cedri. La crisi economica e finanziaria è definita «tra le prime dieci per gravità, se non tra le prime tre, dalla metà dell’Ottocento a oggi». I conti correnti sono bloccati dal 2019, la moneta ha perso oltre il 90% del suo valore in pochi anni e più di metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Il PIL libanese si è ridotto dai 55 miliardi di dollari del 2018 ai 33 miliardi del 2020, con un probabile ulteriore peggioramento per il 2021. Una contrazione di tale portata è associata di solito a guerre o disastri naturali. Nel Paese mancano beni di prima necessità come cibo, medicinali e carburante. Quel che è peggio, è che la Banca Mondiale non vede alcun miglioramento all’orizzonte «a causa della deliberata e tragica inazione della politica».

Un Paese fragile – Il Libano ha un ordinamento dello Stato che riflette la sua frammentazione etnica e religiosa. La Costituzione prescrive che il Presidente della Repubblica debba essere un cristiano-maronita, il Primo Ministro un musulmano sunnita e il presidente del Parlamento un musulmano sciita. Secondo gli ultimi dati dell’UNHCR nel Paese ci sono circa 800 mila rifugiati palestinesi e siriani, oltre ad essere installate le milizie sciite di Hezbollah, che hanno una forza militare anche superiore a quella dell’esercito regolare. L’attuale primo ministro Hassan Diab è dimissionario dal 10 agosto 2020 a seguito dell’enorme esplosione nel porto di Beirut del 4 agosto 2020 che ha causato oltre 200 morti e danni per miliardi di dollari (innescata da un banale cortocircuito, il che ha alimentato le polemiche sullo stato di degrado in cui versano le infrastrutture locali), ma i veti incrociati sul suo successore Saad Hariri hanno fatto sì che presieda ancora la carica ad interim. La fiducia nella politica è ai minimi storici e si avvicina a entrare nella poco lusinghiera lista degli Stati falliti.

La proposta israeliana – La chiamata alla solidarietà del Governo libanese non è rimasta inascoltata. Il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz ha detto che Gerusalemme è disposta a «trasferire aiuti umanitari» al Libano attraverso la missione Onu Unifil (dal 2018 a guida italiana), e che si batterà perché altri Paesi facciano altrettanto. Per Israele è cruciale che il Paese dei cedri non crolli nella completa anarchia, per evitare un’ulteriore presa di potere da parte di Hezbollah. Anche Papa Francesco è da tempo molto attento al Libano: il 29 giugno scorso fa ha chiesto alla comunità internazionale di non lasciare il Paese «in balia della sorte o di chi persegue senza scrupoli i propri interessi».