«Non dobbiamo dimenticare che le violazioni gravi del diritto internazionale umanitario sono crimini di guerra». Con queste parole, Papa Francesco ha espresso la sua preoccupazione per i bombardamenti indiscriminati su Gaza e per la guerra tra Israele e Hamas, entrata nel quarto mese di combattimenti dopo il massacro di civili israeliani del 7 ottobre. Nelle ultime ore sono stati nuovamente presi di mira dall’IDF il centro e il Sud della Striscia, la Cisgiordania e il Libano, con oltre 100 morti in 24 ore e due ospedali evacuati. Da parte del governo israeliano e i Hamas non giungono segnali che facciano presagire una possibnilità di tregua. Anzi, il Ministro della difesa Yoav Gallant ha dichiarato che Gerusalemme non si farà scrupoli ad aprire un nuovo fronte con il Libano se le circostanze lo richiederanno. La popolazione israeliana, però, si fa sentire: dozzine di manifestanti hanno bloccato l’ingresso alla Knesset chiedendo la fine del governo Netanyahu.

Yoav Gallant, ministro della Difesa israeliano
Fonte: Ansa

Preghiere e minacce – Durante l’udienza di inizio anno con il Corpo diplomatico accreditato alla Santa Sede, Papa Francesco ha espresso la sua preoccupazione per la guerra tra Israele e Palestina. Combattendo, ha dichiarato il Pontefice, «non si risolvono le questioni tra i popoli, anzi esse diventano più difficili, causando sofferenza per tutti. Infatti, ciò ha provocato una forte risposta militare israeliana a Gaza che ha portato la morte di decine di migliaia di palestinesi, in maggioranza civili, tra cui tanti bambini, ragazzi e giovani, e ha causato una situazione umanitaria gravissima con sofferenze inimmaginabili”. Chiede, inoltre, il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi. Esprime preoccupazione anche per il Libano: vista la sua situazione sociale ed economica, ha detto di auspiccare «che lo stallo istituzionale che lo sta mettendo ancora più in ginocchio venga risolto e che il Paese dei Cedri abbia presto un presidente». Di Libano ha parlato anche, in un’intervista al Wall Street Journal, il ministro israeliano della Difesa Yoav Gallant: se non sarà raggiunto con il Libano un accordo che consenta agli abitanti dell’Alta Galilea di tornare alle proprie abitazioni, ha affermato, Israele non esiterà ad usare la forza. «Siamo pronti a fare sacrifici. Loro vedono cosa succede a Gaza e sanno che abbiamo la capacità di fare un “copia incolla” con Beirut».

Attacco israeliano a Khan Yunis
Fotografo: HAITHAM IMAD
Fonte: Ansa

Bombardamenti e raid – L’IDF (l’esercito israeliano) non si ferma. Nelle ultime 24 ore ci sono stati bombardamenti a Jabalia, Khan Yunis e Rafah con un bilancio di oltre 100 palestinesi deceduti. In particolare, a Khan Yunis sono stati lanciati attacchi su circa 30 obiettivi significativi di Hamas nell’area, come siti sotterranei e depositi di armi. Anche un raid aereo sul campo profughi di Deir al-Balah, nel centro della Striscia, ha provocato la morte di almeno 8 persone. Ancora: nel weekend una bimba di 4 anni è morta e tre reporter palestinesi sono stati colpiti mortalmente, facendo salire a 102, affermano fonti locali, i giornalisti morti dall’inizio del conflitto. Il bilancio totale, secondo il ministero della Sanità di Hamas, è di 22 mila palestinesi uccisi dal 7 ottobre. Le bombe colpiscono indistintamente obiettivi militari e civili, anche gli ospedali. L’Europeo di Khan Yunis e quello dei Martiri di Al-Aqsa hanno ricevuto l’ordine israeliano di sgomberare gli edifici. provocando l’evacuazione di oltre 600 tra pazienti e operatori sanitari. Tsahal ha fatto sapere su X (ex Twitter) di aver colpito numerosi obiettivi di Hezbollah in Libano. Secondo i media di Beirut, Jawwad Tawil, membro di Hezbollah, è stato ucciso in un raid aereo compiuto da Israele a 20 km dalla linea di demarcazione con il Libano.

Arrivi – Il Segretario di Stato americano Anthony Blinken incontrerà nelle prossime ore il premier israeliano Netanyahu a Tel Aviv. Dopo aver visitato Turchia, Grecia, Giordania e Qatar, l’inviato della casa Bianca ha incontrato gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita, per poi dirigersi in Israele. In questa sede chiederà di annunciare la fine della fase militare nella Striscia di Gaza e di passare a “raid mirati“. A contrastare i buoni propositi americani c’è ancora una volta Gallant che ha detto che la fase 3 del conflitto «durerà più a lungo». Ha aggiunto che Israele non abbandonerà mai l’ obiettivo di distruggere Hamas, ponendo fine al suo controllo su Gaza e liberando gli ostaggi che restano nelle mani dei terroriasti.

Le proteste alla Knesset – Il popolo israeliano, però, inizia a farsi sentire. Seduti per terra a bloccare l’entrata e intonando il grido “Elections now” (elezioni subito). Dozzine di manifestanti del movimento Changing Directions hanno protestato davanti alla sede della Knesset a Gerusalemme. Cosa vogliono? Elezioni anticipate, l’immediata sostituzione del governo e l’espulsione degli estremisti dall’esecutivo. Affermano: «Ogni speranza che il governo si elevasse al livello dell’emergenza si è infranta alla luce della sua condotta fallimentare, che si riflette nelle disfunzioni, nell’abbandono dei rapiti, in una ferita mortale all’immagine dello Stato».La polizia di Gerusalemme ha allontanato con la forza i manifestanti e, come riporta il quotidiano Haaretz, uno di loro è stato arrestato. Molti dei partecipanti alla protesta sono familiari delle vittime del 7 ottobre, come Roni Goren Ben-Zvi, fratello di un ragazzo ucciso al Nova Music Festival. Afferma: «Mio fratello è stato ucciso a causa di un uomo che da otto anni conduce una guerra privata contro l’intero Paese solo per poter sopravvivere, eludere la giustizia e continuare a derubare i nostri fondi. Solo gli sciocchi seguono le sue bugie. È un narcisista che non ha mai pensato alla sicurezza del Paese e dei suoi cittadini».