La “tregua”, tra manifestanti e polizia, finisce nelle prime ore della notte tra l’11 e il 12 giugno. E lo fa con gli scontri più violenti dall’inizio delle proteste antigovernative. Le rivolte scoppiano a grappolo nelle città del Paese: Smirne, Gezi, Istanbul e soprattutto nella capitale, Ankara, dove vanno avanti da giorni le proteste contro Erdogan e la politica di islamizzazione intrapresa dal governo. Gli agenti anti-sommossa hanno allontanato 5mila persone, che si erano raggruppate nel quartiere di Kizilay, vicino all’ambasciata americana. Alle richieste di dimissioni di Erdogan la polizia ha risposto lanciando lacrimogeni e sparando acqua. Litri che non servono a raffreddare le polemiche.

L’unica cosa fredda, nella Turchia di piazza Taksim, di alberi tagliati e alcool bandito, è il dialogo. Sia il governo che i manifestanti sembrano decisi ad andare avanti a oltranza. L’ultimo avvertimento del premier islamico Recep Tayyip  Erdogan risale all’8 giugno: «Cessate immediatamente le proteste», aveva detto, senza parafrasare. Parole al vento. Così Erdogan ha dichiarato tolleranza zero verso i manifestanti e l’11 giugno, dopo otto ore di guerriglia, la polizia si è ripresa Piazza Taksim, luogo simbolo della rivolta.

La nuova politica del premier non è sfuggita agli occhi vigili di Washington, che ha espresso preoccupazione per le minacce alla libertà di espressione e di assemblea. «È assolutamente necessario avere una stampa libera e indipendente», ha dichiarato la portavoce della Casa Bianca, Caitlin Hayden. Una raccomandazione difficile da mettere in pratica, per i media turchi, che rischiano multe salate in cambio della libertà di stampa.

Il Consiglio Supremo della Radio e della Tv (Rtuk), organismo di controllo nominato dal governo Erdogan, ha multato le piccole tv che hanno trasmesso in diretta le manifestazioni, per «aver danneggiato lo sviluppo fisico, morale e mentale di bimbi e giovani». A subire le sanzioni è stata soprattutto Halk Tv, emittente vicina all’ opposizione, che ha seguito e filmato le proteste delle ultime settimane. Per le grandi Tv del Paese le manifestazioni sono invece passate sotto silenzio, al punto che, quando sono iniziati i primi scontri a Piazza Taskim, i canali principali trasmettevano soap e documentari sui pinguini.

Reazioni alla situazione turca arrivano anche dalla Farnesina. Emma Bonino, nella sua informativa alla Camera, ha definito gli scontri come «il primo, serio test per la tenuta democratica della Turchia e il suo processo di adesione all’Europa». Bonino ha però precisato che «il ricorso alla forza è un’espressione di debolezza». Sulla stessa linea di pensiero è il suo corrispettivo tedesco, Westerwelle: «Ci aspettiamo che il premier Erdogan, nello spirito europeo, faccia calare la tensione e instauri uno scambio costruttivo e un dialogo pacifico».

Susanna Combusti