Manifestazione dopo lo stupro. EPA/ANINDITO MUKHERJEE

E’ cominciato martedì 5 febbraio, a New Delhi, il processo ai sei uomini accusati di aver provocato la morte di una studentessa di 23 anni, lo scorso 29 dicembre. Tredici giorni prima la ragazza tornava a casa in autobus insieme al fidanzato, dopo essere stata al cinema. Loro, ubriachi, hanno prima malmenato il ragazzo e poi aggredito la fidanzata con spranghe di ferro, l’hanno stuprata, seviziata e infine gettata dall’autobus in movimento.

La ragazza ha lottato per la vita due settimane, mentre tutta l’India si è infiammata di proteste. “Troppe violenze contro le donne”, urlava la folla, “Giustiziateli come cani”. Lei è infine deceduta al Mount Elizabeth Hospital di Singapore, dove era stata portata d’urgenza a spese del governo per l’aggravarsi delle sue condizioni. Quando la salma è tornata in patria ad attenderla c’era una manifestazione, nella capitale, di migliaia di persone.

Sonia Gandhi si è associata alle proteste e il Primo ministro, Manmohan Singh, le ha definite “reazioni perfettamente comprensibili da parte di una giovane India, e di un’India che desidera in modo genuino un cambiamento”. Intanto i presunti colpevoli sono stati individuati, ma non hanno confessato e si sono dichiarati “non colpevoli”. Tra loro l’autista dell’autobus, suo fratello e un quindicenne. Anche per contenere la rabbia popolare e tutelare l’ordine pubblico (molti i momenti di tensione anche contro la polizia), il governo ha deciso di inasprire le pene per questo genere di reati: domenica il presidente dell’India Pranab Mukherjee ha approvato il decreto per cui «la condanna a morte sarà prevista come il massimo della pena, nei casi di stupro e conseguente morte o coma prolungato della vittima», ha riferito il ministro indiano delle Finanze Palaniappan Chidambaram. Un principio che varrà anche per la violenza sessuale aggravata. Pene più severe sono state inoltre introdotte contro il voyeurismo, lo stalking e le aggressioni con l’acido.

Secondo le femministe indiane, il decreto però non basta – ad esempio non è punita la violenza domestica del marito sulla moglie – ma è un passo in avanti. Adesso, comunque, i sei imputati rischiano la pena di morte. Il processo avverrà a porte chiuse a New Delhi, presso una corte speciale creata nel quartiere di Saket per velocizzare le procedure. Il minorenne sarà invece giudicato da un tribunale dei minori. Alla prima udienza parteciperà, su una sedia a rotelle, anche il fidanzato della vittima. Le udienze si terranno ogni giorno per assicurare un rapido e una tempestiva condanna, anche per placare gli animi. Il padre della ragazza ha già fatto sapere di volere tutti e sei gli stupratori impiccati.

Ma le violenze sulle donne non si fermano: proprio martedì si è appreso che una bambina di otto anni è stata violentata nel bagno della scuola del suo villaggio, nello Stato del Madhya Pradesh.

Eva Alberti