Nella sfida tra Kamala Harris e Donald Trump gli endorsement a favore dell’una e dell’altro hanno giocato un ruolo preciso ma forse non fondamentale: la parola, che è stata una delle più utilizzate da gennaio agli ultimi giorni delle elezioni, significa il supporto esplicito a un candidato, dato di solito tramite una dichiarazione ufficiale. Così hanno fatto le celebrità che hanno pubblicamente dato il sostegno alla candidata democratica: Stevie Wonder e Bruce Springsteen, cantautori dell’America di ieri, si sono esibiti per lei, il primo alla convention a Chicago di fine agosto, il secondo sul palco di Atlanta a una settimana dal voto. Al comizio in Georgia, uno degli swing states capaci di determinare le sorti delle urne, anche Spike Lee e Samuel L. Jackson hanno ribadito il loro voto a Harris che, sulle note di Freedom di Beyoncé (anche lei supporter di Harris, si è presentata insieme all’ex presidente Barack Obama.

Le celebrità – L’endorsement di Taylor Swift alla candidata democratica è stato senza dubbio il più chiacchierato: con un post sui social, la cantante della Pennsylvania ha supportato Harris firmandosi childless cat lady, ovvero “gattara senza figli”, prendendo spunto dalla critica di J. D. Vance (candidato vicepresidente repubblicano) alla stessa Harris, che non ha avuto bambini. Non è stato un endorsement chiacchierato solo per la potenza planetaria di Swift ma anche dovuta al suo essere donna bianca della Pennsylvania, attualmente fidanzata con Travis Kelce, giocatore di football in NFL: in altre parole, il ritratto tipico di una repubblicana. Gli endorsement di Bad Bunny e Ricky Martin hanno avuto più risonanza di altri perché, entrambi portoricani, coinvolgono i latinos tanto contesi tra repubblicani e democratici. Il sostegno di Arnold Schwarzenegger non è stato solo l’opinione di una celebrità ma anche l’opinione di un ex governatore repubblicano della California che ha ripudiato la figura di Donald Trump a favore dell’ala democratica: “Sarò sempre americano prima di essere repubblicano” ha dichiarato Schwarzenegger confermando il distacco dal tycoon.

I giornali – Un ruolo centrale è stato svolto dai giornali: dall’Atlantic passando per il New York Times fino al Scientific American di divulgazione scientifica, l’onda di supporto ad Harris è arrivata anche oltreoceano dove testate straniere come il Guardian hanno sentito l’esigenza di prendere posizione al fianco di Harris. Il mancato endorsement spesso ha più risonanza dell’endorsement stesso e così come l’editoriale di George Clooney sul New York Times aveva sfiduciato Joe Biden fino a convincere il partito a cambiare candidato, così il mancato endorsement del Washington Post ha scosso le ultime settimane di campagna. Su esplicita richiesta dell’editore, Jeff Bezos, l’editorial board del giornale non ha espresso un’idea in merito perché, secondo il fondatore di Amazon. ciò non spetta ai giornali d’informazione che devono rimanere imparziali.

L’imprenditoria e la politica – Dal mondo dell’imprenditoria, dopo Elon Musk a sostegno di Trump, per i democratici ha risposto Bill Gates, fondatore di Microsoft, che ha donato 50 milioni di dollari al comitato Harris-Walz e ha dichiarato di essere pronto a reagire nel caso in cui Trump tentasse di sovvertire l’esito delle elezioni, come nel 2020. Insieme a lui, racconta la CNN,  anche 400 economisti e politici di alto rango hanno dato l’appoggio al partito democratico, senza considerare il peso di alcuni nomi illustri della politica come Barack Obama e Dick Cheney, vicepresidente repubblicano durante i mandati di George W. Bush.

Il peso degli endorsement – Tanti si chiedono quanto contino gli endorsement in termini di voti: appurato che in alcuni casi destino più eco i mancati endorsement di quelli dati, il sostegno dichiarato pubblicamente è spesso un metodo ricercato per rimarcare la propria posizione più che per portare consensi. I giornali stessi si sentono legittimati a dichiarare il loro sostegno in virtù della trasparenza verso i lettori, così come molte celebrità nei confronti del seguito di fan. Non sempre gli endorsement importanti hanno influenzato il risultato: Hillary Clinton ha goduto di un ampio appoggio nel 2016 quando riportò la sconfitta contro Donald Trump. In alcuni casi, invece, sono capaci di ribaltare l’andamento dei consensi: la cavalcata verso la Casa Bianca di Barack Obama nel 2008 ha beneficiato di un picco di voti grazie all’appoggio di Oprah Winfrey, tanto da diventare un caso di studio documentato negli anni successivi. Cosa rimane allora di tutti questi endorsement ora che la campagna elettorale è quasi alla fine? Un’identificazione netta di quasi tutte le istituzioni, fonti di informazione, celebrità e personalità degli USA, una visibilità costante di tutti loro durante questi mesi di campagna e un antihero ben chiaro (e molto potente) per Donald Trump, ovvero Taylor Swift. Tutti questi consensi serviranno a Harris per vincere alle urne? O conteranno di più le opinioni dei singoli cittadini in materia economica, immigrazione e diritti sociali?