In occasione dell’anniversario della rivoluzione islamica, avvenuta l’11 febbraio nel 1979, l’ayatollah Ali Khamenei ha annunciato la grazia per “decine di migliaia” di persone arrestate nel corso delle proteste antigovernative iniziate nel settembre 2022 dopo l’uccisione di Mahsa Amini. A riferirlo sono diversi media internazionali che riportano la notizia data dalla televisione di Stato iraniana.

Le eccezioni –  La decisione dell’ayatollah è stata presentata come un modo di mostrare compassione alla popolazione iraniana, ormai in rivolta da cinque mesi, durante i quali sono state arrestate e giustiziate migliaia di manifestanti. Ma all’amnistia si aggiunge una lunga lista di eccezioni. Infatti i detenuti potranno essere liberati solo se soddisfano determinati requisiti, ovvero, chi non ha: commesso spionaggio; parlato con servizi segreti stranieri; commesso omicidi; distrutto beni dello Stato; non è stato denunciato da qualche cittadino e non ha doppia cittadinanza. Invece non potranno riceve la grazia tutti quei detenuti accusati di reati per cui è prevista la pena di morte. A questa lista si aggiunge l’obbligo di sottoscrizione, da parte del detenuto, di un documento dove chiede perdono e promette di non violare più la legge. Il giornalista iraniano in Germania, Saeed Hafezi, riporta queste disposizioni in un tweet e aggiunge «Non include le condizioni di nessuno dei prigionieri! Perché sotto tortura sono costretti a confessare tutti quei reati». A confermare il fatto che la linea del pugno duro continuerà, ci sono gli arresti delle ultime ore. Tra cui quello della giornalista Elnaz Mohammadi. Elnaz è sorella di Elahe Mohammadi, una reporter che abita le prigioni iraniane orami dallo scorso 29 settembre, dopo aver realizzato un servizio sul funerale di Mahsa Amini. Elnaz non ha avuto più notizie della sorella. Ora anche lei è stata arrestata con l’accusa di “propaganda contro il sistema e cospirazione per agire contro la sicurezza nazionale”.

Le motivazioni economiche – Per molti attivisti l’amnistia potrebbe essere una farsa, una mossa per aiutare la propaganda filogovernativa. In realtà il motivo principale sarebbe economico: per Amiry-Moghad-dam, fondatore di Iran Human Rights, le carceri iraniane sarebbero al limite perché dall’inizio delle proteste sarebbero stati incarcerate più di 20mila persone. Anche per l’Onu la situazione sul campo «è critica».

I dati – A preoccupare le associazioni e le Ong impegnate nella tutela dei diritti umani sono i dati che riguardano le 20mila persone arrestate dall’inizio delle proteste antigovernative. Iran Human Rights sostiene che circa 100 detenuti potrebbero rischiare la condanna a morte. Secondo l’agenzia di stampa francese Agence France Presse, le persone già condannate a morte sono 18. Sempre secondo il rapporto di fine anno di IHRS sarebbero state eseguite 623 esecuzioni nel 2022 (608 uomini e 15 donne), 273 in più rispetto al 2021 (quando furono 350). Per Nessuno tocchi Caino, lega internazionale di cittadini e di parlamentari per l’abolizione della pena di morte nel mondo, al 31 dicembre scorso, ci sarebbero state 645 esecuzioni. A causa della censura e della repressione, questi numeri potrebbero essere anche più alti. Principalmente ai condannati a morte si contestano reati di droga e omicidio. In alcuni casi, tra le accuse c’era anche l’uccisione di agenti governativi.