Sono due. Diventeranno tre. In tutto sembrano ventotto, ma potrebbero essere anche di più. Al momento sono questi i numeri dei manifestanti condannati a morte in Iran dal regime. La colpa: partecipare alle manifestazioni che stanno scuotendo il Paese dopo la morte di Mahsa Amini, arrestata e uccisa per non aver indossato correttamente il velo. La prima condanna eseguita è stata quella del 23enne Mohsen Shekari, impiccato giovedì scorso a Teheran. Il secondo ragazzo ucciso è Majid Reza Rahnavard, coetaneo di Shekari, impiccato oggi 12 dicembre a Mashhad. Il prossimo sarà Mohammad Broghani, la cui esecuzione è stata confermata sabato scorso e definita “imminente” dalla Corte Suprema iraniana.

La condanna e il processo – Sia Shekari che Rahnavard sono stati condannati per “muharebeh”, la “guerra contro Dio”. In particolare, il secondo manifestante è stato accusato di aver accoltellato a morte due Basiji (componenti della Forza di resistenza e di mobilitazione iraniana, fondata dall’Ayatollah Ruhollah Khoemeini nel 1979) e di averne feriti altri quattro durante una protesta per la morte di Mahsa Amini in corso il 17 novembre a Mashhad. Incarcerato il 19 novembre, picchiato, torturato e costretto a confessare i crimini in Tv sotto la pressione delle autorità, Rahnavard ha ricevuto un processo lampo che dopo soli 23 giorni ha sancito la sua condanna a morte. L’esecuzione sembra essere avvenuta pubblicamente anche se i genitori sono stati avvisati delle morte del figlio a cose fatte, quando questo era già stato sepolto.

Le posizioni del regime – Sin da subito, il regime ha deciso di rispondere con la forza ai disordini causati dalle proteste che dal 16 settembre imperversano nel Paese. Contro i manifestanti ha schierato i suoi Basiji, armandoli e permettendo loro di arrestare e colpire chiunque. Le proteste non si sono fermate, nonostante le violenze, gli arresti e le innumerevoli morti di civili e soldati. Con l’annuncio dell’abolizione della polizia morale, la forza paramilitare incaricata di vigilare sull’osservanza delle norme di comportamento e della legge religiosa che ha arrestato e ucciso Mahsa Amini, il regime ha lanciato un segnale nei confronti dei manifestanti. I media si dividono sull’interpretazione di questo annuncio anche perché pochi giorni dopo hanno avuto inizio le esecuzioni. Tra coloro che meritano di morire secondo il regime ci sono anche il rapper Saman Yasin e l’attore Hossein Mohammadi.

Le risposte  – Le proteste non si fermeranno. Nemmeno le condanne a morte possono fermare la lotta per la libertà che il popolo iraniano sta portando avanti. I manifestanti vogliono la fine della dittatura degli ayatollah e l’abbattimento del “regime di apartheid di genere”. Non solo, a sostenere le proteste in Iran c’è anche l’Europa che considera inaccettabili le esecuzioni dei manifestanti e che adotterà sul punto una posizione molto severa. Lo riferisce Josep Borrell, Alto rappresentante della politica estera europea: «Approveremo un pacchetto di sanzioni molto duro verso l’Iran». La risposta dell’Iran non si fa attendere: il Ministero degli Esteri di Teheran ha rilasciato un comunicato in cui afferma di imporre sanzioni a 10 persone e 5 entità europee.