«Questa volta sono uscita con la speranza di vedere la libertà in Iran, sperando nella liberazione di tutti i prigionieri politici, soprattutto delle donne». Suonano come parole di emancipazione quelle che l’attivista e giornalista iraniana Sepideh Gholian affida a un post su Twitter, uscita dal carcere il 15 marzo dopo quasi cinque anni di detenzione. Mentre per le strade del Paese continuano le proteste antigovernative: 11 morti e oltre 3.500 feriti è il bilancio degli scontri avvenuti durante i festeggiamenti della tradizionale festa del fuoco.

Il carcere e le denunce Nella Repubblica islamica dell’Iran partecipare a una protesta sindacale nei panni di giornalista può portare conseguenze gravi. Lo sa bene Gholian, l’attivista ventottenne che per questo motivo era stata arrestata nel 2018 e che è stata rilasciata soltanto lo scorso 15 marzo dalla struttura di Evin, a Teheran. Nel 2018 era stata rimessa in libertà su cauzione, ma nel gennaio dell’anno successivo era stata accusata di “crimini contro la sicurezza nazionale”, arrestata nuovamente e condannata a scontare altri cinque anni. Durante il periodo di detenzione – durato circa quattro anni e sette mesi – l’attivista aveva denunciato la condizione dei prigionieri politici e soprattutto delle donne nelle carceri iraniane, riempiendo messaggi e lettere di parole contro gli abusi di cui sono vittime. In una missiva di gennaio, fa sapere Il Post, si legge delle torture operate dal personale penitenziario come mezzo per estorcere confessioni false. L’annuncio della liberazione è arrivato via Twitter, dove Sepideh Gholian ha pubblicato un video in cui indossa un abito tradizionale, ma è senza velo e grida parole di libertà contro la Guida Suprema Ali Khamenei.

La festa dello Chaharshanbeh Suri. Fonte: Ansa

Morti e feriti per la festa del fuoco – Nelle strade di Teheran, Isfahan, Rasht e Saqqez doveva essere un momento di festeggiamenti. Invece, durante lo Chaharshanbeh Suri, la festa tradizionale della danza del fuoco che si tiene nella notte precedente l’ultimo mercoledì prima del capodanno iraniano, hanno perso la vita 11 persone e sono rimaste ferite oltre 3.500. Ad annunciarlo è stato Jafar Miadfar, capo dell’Organizzazione nazionale per le emergenze mediche, in un discorso alla tv di Stato, riferendo riguardo gli incidenti avvenuti durante la celebrazione. La causa degli scontri sono stati i tre giorni di protesta che gli attivisti avevano annunciato in occasione della festività, sulla scia delle manifestazioni contro il governo iniziate a settembre dopo la morte di Masha Amini, la ventiduenne curda uccisa dalla polizia morale perché non indossava correttamente il velo.