Una protesta tutta interna all’Iran che potrebbe avere presto ricadute a livello internazionale, con un deciso peggioramento dei rapporti con gli Stati Uniti. Da tre giorni a Teheran, Fars e Kerman migliaia di cittadini sono scesi in piazza per protestare contro il rincaro dei prezzi della benzina (quasi raddoppiati) e di altri beni di prima necessità. In tutto il Paese si sono verificati scontri con le forze di polizia con «alcuni morti» (il numero è ancora imprecisato) e i manifestanti hanno dato fuoco a più di cento cento filiali bancarie e 57 negozi. «Alcune persone sono sicuramente preoccupate – ha detto domenica la Guida Suprema dell’iran Ali Khamenei – ma appiccare il fuoco a una banca non è un atto del popolo ma da teppisti». La protesta dei cittadini iraniani riscuote il favore del governo statunitense («Siamo con voi» ha detto il segretario di Stato Usa Mike Pompeo), mentre lunedì mattina è arrivata la nota del Ministero degli Esteri di Teheran secondo cui «il sostegno espresso dagli Stati Uniti a un gruppo di rivoltosi anti-governativi scesi in piazza contro il caro benzina in Iran è un’ingerenza negli affari interni della Repubblica islamica». Nel frattempo le Guardie della rivoluzione islamica si sono detti «pronte a reprimere la protesta»

La protesta – Le notizie che arrivano in Occidente sulle proteste sono poche e frammentate: la teocrazia islamica ha oscurato internet e arrestato oltre mille persone. Tra i morti anche un poliziotto. La rabbia della popolazione era esplosa venerdì dopo che le autorità iraniane avevano annunciato provvedimenti per redistribuire la ricchezza alla popolazione in difficoltà: l’incasso stimato sarà tra i 300 e i 310 miliardi di rial all’anno (pari a circa 2,5 miliardi di dollari). Il governo ha deciso l’aumento del 50% del prezzo della benzina e il suo razionamento: il costo al litro è salito da 10.000 a 15.000 rial (10 centesimi di euro) e per ogni auto il tetto massimo è stato portato a 60 litri. L’aumento crea grossa difficoltà in Iran dove i collegamenti e i commerci tra le città si svolgono prevalentemente su ruota. Il provvedimento dell’esecutivo iraniano è la prima forte reazione interna alle sanzioni introdotte dagli Stati Uniti dopo il ritiro dall’accordo sul nucleare risalente al 2015. Molti cittadini però saranno pesantemente danneggiati dall’aumento del carovita e per questo sono scesi in strada.

«Colpa degli Usa» – Con il crescere delle proteste, non si è fatta attendere la reazione dei Pasdaran iraniani che lunedì si sono detti pronti a «reagire con forza a qualsiasi azione che crei insicurezza nel Paese». Che, tradotto, significa usare anche la violenza. Poi a finire nel mirino dell’autorità iraniane sono gli Stati Uniti: «I recenti incidenti sono stati provocati dai malvagi funzionari Usa, oltre che dai criminali Mojaheddin del Popolo e dall’ignobile famiglia del deposto scià dell’Iran, Mohammad Reza Pahlavi». Nel frattempo il governo ha assicurato che la situazione «sta tornando calma».