La cerimonia di congedo di Papa Francesco, che si terrà questa mattina a Baghdad, celebra la fine di un viaggio storico durato quattro giorni nell’Iraq tormentato dalla guerra. Il pontefice, nella sua visita, si è definito «pellegrino di pace» per le strade di Najaf, Ur, Erbil, Mosul e Qaraqosh. Fin dal suo primo discorso, pronunciato nella capitale irachena davanti alle autorità politiche del Paese, Il Vescovo di Roma ha preso posizione in una terra martoriata dagli scontri e dalle lotte intestine: «Tacciano le armi! Se ne limiti la diffusione, qui e ovunque!». Nella seconda giornata, ha incontrato l’ayatollah Ali al-Sistani, una delle massime autorità dell’islam sciita. E’ stato un passo storico nel dialogo interreligioso, anche perché il Pontefice, offrendosi come ponte tra sciiti e sunniti, due comunità religiose islamiche in lotta da anni, ha riaffermato i princìpi di parità formale e sostanziale tra tutte le componenti etniche, sociali e religiose del paese. E ad accompagnarlo è stato lo stesso Al Sistani, che ha voluto assicurare il proprio impegno affinché «i cittadini cristiani vivano come tutti gli iracheni in pace e sicurezza, con tutti i loro diritti costituzionali».

Mosul: conclusione del viaggio – Si è aperta con una preghiera la terza giornata del viaggio di Papa Francesco. A Mosul, principale città-fortezza strappata all’ex Califfato di Daesh, nella piazza delle Quattro Chiese (siro-cattolica, armeno-ortodossa, siro-ortodossa, e caldea), circondato da cumuli di pietre e case divelte, il Pontefice ha proferito parole che, secondo alcuni prelati, vanno annoverate tra le più rilevanti del pontificato: «Se Dio è il Dio della vita, a noi non è lecito uccidere i fratelli nel suo nome. Se Dio è il Dio della Pace, a noi non è lecito fare la guerra nel suo nome. Se Dio è il Dio dell’amore, a noi non è lecito odiare i fratelli». Un giudizio lapidario dato al cospetto di una folla muta. Il tono era severo, ma non rancoroso. Poco dopo, infatti, il Pontefice ha ribadito il valore della solidarietà e della fratellanza: «Oggi, malgrado tutto, riaffermiamo la nostra convinzione che la fraternità è più forte del fratricidio», ha affermato.

Qaraqosh, la città della diaspora – Nel 2014 balzò agli onori della cronaca per le scorribande dell’esercito nero di Al-Baghdadi. Ieri, Qaraqosh, la città delle “dieci chiese” a nord dell’Iraq, ha accolto con gioia l’affetto di Papa Francesco. Il terzo giorno del peregrinaggio in Medio Oriente, iniziato a Mosul, dove l’Isis proclamò il Califfato sette anni fa, si è concluso in un luogo in cui si concentra la più grande comunità cristiana irachena: si parla del 90% dei 50mila abitanti. Qui, nella terra che vide 120mila persone abbandonare le proprie case di fronte alla violenza dei seguaci di Al-Baghdadi, il Pontefice ha usato il potere curativo del discorso religioso: «Il terrorismo e la morte non hanno mai l’ultima parola. L’ultima parola appartiene a Dio». Insieme alla folla rasserenata, Bergoglio ha detto «”no” al terrorismo  e alla strumentalizzazione della religione».

Ricostruire e perdonare – Per Bergoglio il tempo dell’odio è finito. Dalla cattedrale dell’Immacolata Concezione di Qaraqosh, rasa al suolo dall’Isis, il Pontefice ha pronunciato un discorso gravido di speranza: «Adesso è il momento di ricostruire e ricominciare», ha detto. E, a suo avviso, esiste una sola strada per rimettere in piedi un paese distrutto dall’odio prima ancora che dalle armi: «Perdono: questa è una parola chiave. È per rimanere cristiani», ha affermato. Poco dopo, ha concesso ampio spazio alla figura della donna, quasi a voler anticipare di un giorno la festa dell’8 marzo. Un atto di fede il suo, ma anche un monito rivolto a tutte quelle persone che si macchiano di violenze fisiche e psicologiche. «Grazie di cuore a tutte le madri e le donne di questo paese, donne coraggiose che continuano a donare vita nonostante i soprusi e le ferite». Continuando, ha sottolineato l’importanza che «che le donne siano rispettate e tutelate! Che vengano loro date attenzione e opportunità».

La messa a Erbil e l’incontro – La Madonnina che fu mutilata nelle mani e nella testa dai terroristi era presente. Ha fatto compagnia al Papa nel corso della messa conclusiva che si è svolta sull’altare nello stadio Hariri della città di Erbil, capitale del Kurdistan iracheno ed ex roccaforte del Califfato. A chiudere una giornata impegnativa, l’incontro privato e toccante di Francesco con il padre del piccolo Alan Kurdi, il bambino trovato morto sulle coste turche nel settembre del 2015: cercava, insieme alla famiglia, di raggiungere l’Europa. Divenne virale in poco tempo la sua immagine: un corpo esanime trascinato sulla battigia dalle onde. Ieri, il Papa ha ricevuto la stessa immagine in dono dal padre, dipinta su un quadro. Un gesto importante per non dimenticare la tragedia dei migranti.