La Brexit spacca di nuovo l’Irlanda del Nord. È salito a 90 il bilancio dei poliziotti feriti, dopo quasi due settimane di scontri che hanno infiammato anche le città di Belfast, Carrickfergus, Ballymena e Newtownabbey. Nonostante gli appelli alla calma dei giorni scorsi sia da parte del Governo di Londra che da quello di Dublino, non si è ancora placata la violenza di alcuni gruppi unionisti (o lealisti), protestanti e filo britannici, che hanno avviato un clima di vera e propria guerriglia. Si teme un aumento delle tensioni dopo l’intervento anche di ultrà delle comunità nazionaliste, cattoliche e pro indipendenza dal Regno Unito.

Unionisti contro le forze dell’ordine – Le violenze sono cominciate sotto forma di incursioni degli unionisti contro le forze dell’ordine il 29 marzo a Londonderry, nel nord della Regione. Una trentina di manifestanti hanno lanciato bombe molotov verso la polizia locale, incendiato auto e causato disordini, fino ad aver fatto bruciare un bus. Scontri definiti «inaccettabili» sia dalla premier nordirlandese Arlene Foster (Dup), ma anche dagli esponenti del Sinn Féin, il secondo partito dell’Irlanda del Nord, anch’esso nel Parlamento locale, ma affiliato ai nazionalisti. Secondo Bbc, questi episodi si stanno concentrando nelle aree urbane controllate da gang e gruppi paramilitari di matrice lealista. Il rischio è che però causino ulteriori scontri anche con i nazionalisti, che si sono verificati finora solo tra gruppi ultrà e in forma ridotta.

Gli spettri della guerra civile e il ruolo dell’Ira– La rabbia degli unionisti è esplosa dopo che il 28 marzo la polizia ha deciso di non perseguire le 2mila persone che avevano partecipato a giugno 2020 al funerale di Bobby Storey, capo dell’intelligence dell’Ira (Irish republican army) a partire dagli anni ’90. L’evento aveva violato le restrizioni anti Covid-19. Inoltre, erano presenti 24 membri del Sinn Féin. Tra questi, Michelle O’Neill, vicepremier. Se la guerra civile (anche detta “The Troubles”) è finita dal 1998 con gli “Accordi del Venerdì Santo”, le divisioni tra cattolici e protestanti restano. Come restano in piedi le “peacelines”, barriere fisiche, poste tra i diversi quartieri per limitare gli incontri (e gli scontri) tra le due fazioni. In più, la risposta della polizia locale è stata vista come l’ennesima provocazione alla comunità unionista, già risentita, questa volta verso il Governo britannico, in seguito agli accordi per la Brexit.

Sacrificati sull’altare della Brexit – L’accordo tra Londra e l’Unione europea ha infatti sacrificato l’Irlanda del Nord. Introduce infatti un Protocollo sull’Irlanda del Nord: prevede che le merci di passaggio tra l’ultima frontiera dell’Ue, l’Irlanda, e la prima della Gran Bretagna, l’Irlanda del Nord, siano regolate senza frontiere interne. Una soluzione che però implica il fatto che Belfast resti parte dell’unione doganale europea e che ha suscitato l’allarme degli unionisti, resi così più lontani dagli scambi con Londra. Secondo l’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), la situazione rappresenterebbe un paradosso: l’esigenza di preservare la pace in Irlanda e salvaguardare gli Accordi del “Good Friday” avrebbe scaturito l’insoddisfazione dei protestanti irlandesi.