I risultati delle elezioni irlandesi sono ancora parziali ed è presto per dire che governo si formerà. Ma c’è già una certezza: una maggioranza assoluta è ormai da escludere. I nazionalisti di Sinn Fein, per ora in testa con il 24,5 % delle preferenze, già esultano per un minimo di 29 seggi ottenuti in parlamento, miglior risultato della loro storia. Al secondo posto, con il 22,2% c’è il partito di centrodestra Fine Gael del premier uscente Leo Varadkar, che aveva spinto per le elezioni anticipate. Al terzo, con il 20,4%  ci sono gli altri centristi del Fianna Fail. Mentre I Verdi si sono classificati quarti con il 7,1% dei voti. «Una rivoluzione», gioisce la leader del partito in testa, Mary Lou Mac Donald, che ha annunciato di voler formare una coalizione di governo con i partiti più piccoli. Senza escludere un accordo con Fianna Fail e Fine Gael. Possibilità, per ora, accolta solo dal secondo partito. «Siamo disposti al dialogo perché questo paese deve essere governato e non vogliamo nuove elezioni», ha dichiarato Micheàl Martin, leader di Fine Gael. Varadkar invece, chiude a Sinn Fein: «Siamo disposti a formare una coalizione ma non con loro». Per i risultati definitivi si dovrà aspettare ancora qualche ora: il sistema del voto singolo trasferibile, cioè una formula proporzionale a voto di preferenza che permette all’elettore di assegnare più di una preferenza numerando i candidati sulla scheda, rende le operazioni di scrutinio più macchinose.

Mary Lou Mac Donald (Ansa)

Gli scenari- Sin Fein ha raddoppiato i voti del 2016, scalzando il dualismo secolare dei partiti di centro, Fianna Fail e Fine Gael . Un risultato che non garantisce la formazione di una maggioranza ma rafforza la posizione del partito nazionalista: Sinn Fein non potrà essere snobbato né escluso dalle trattative per la formazione di un nuovo governo, un processo che nelle ultime elezioni è durato 10 settimane. Almeno così la pensa la leader Mac Donald, che, in attesa dello spoglio che verrà completato nelle prossime ore, ha ribadito: «Rifiutare di parlare con noi, che occupiamo un quarto dei seggi, sarebbe inaccettabile e soprattutto non democratico». Ma Fianna Fail e Fine Gael hanno più candidati in parlamento (che ha in totale 160 seggi), e ognuno di loro dovrebbe conquistare più seggi dei nazionalisti. Il ritorno alle urne è, dunque, più di una possibilità. Ed è per scongiurarlo che Fine Gael non esclude il dialogo, anche con quei nazionalisti così tanto criticati in campagna elettorale: «Le nostre posizioni politiche non cambiano in una notte ma il Paese viene prima. E abbiamo bisogno urgente di un governo». I temi caldi per il paese sono la definizione degli accordi con la Gran Bretagna dopo la Brexit, e la risoluzione del problema dell’assistenza sanitaria.

Il Sinn Fein- Il partito di Sinn Fein è stato fondato nel 1905. Era l’ex organo politico dell’IRA, organizzazione militare che ha lottato per più di un secolo prima per l’indipendenza dalla Gran Bretagna e poi per l’annessione dell’Irlanda del Nord fino al cessate il fuoco nella guerra civile nel 1998. Dopo anni di scarsi risultati, a partire dal 1989 ha avuto un lento incremento di consensi che lo ha portato nel 2016 a diventare la terza forza politica della nazione. A due anni dal pensionamento del leader storico Gerry Adams, l’erede Mac Donald, cinquantenne dublinese, è riuscita a trasformare l’immagine di un movimento politico spesso associato alle violenze dei militanti dell’Ira. I punti forti del programma elettorale sono il referendum per la riunificazione con l’Irlanda del Nord e lo stop alle agevolazioni fiscali per le multinazionali.