«Sentirete di nuovo parlare di me». Moez Fezzani, meglio conosciuto come Abu Nassim, ha mantenuto la promessa fatta nel 2012 ai carabinieri che procedevano al suo rimpatrio forzato in Tunisia. Secondo fonti di intelligence, Fezzani avrebbe ricoperto un ruolo di primo piano nell’organigramma del califfato nero. Almeno fino a lunedì, quando gli agenti italiani lo hanno arrestato in Sudan.

La radicalizzazione a Milano. Fezzani, 46 anni, emigra da Tunisi in Italia nel 1989, stabilendosi a Milano dove trova lavoro come manovale. A portare il giovane sulla via della radicalizzazione è un predicatore egiziano, Anwar Shaaban, reduce dalla guerra in Bosnia e attivo nella moschea di Viale Jenner. Fra il 1997 e il 2001 Fezzani è membro del “Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento”, che ha cellule anche in città e ha come scopo il reclutamento di martiri da inviare nei Paesi dove si combatte la jihad, la guerra santa contro gli infedeli. Le autorità italiane lo arrestano una prima volta nel ’98 per un giro di banconote false, ma il tunisino riesce a fuggire in Pakistan, facendo perdere le sue tracce. Nel 2001 viene catturato dall’esercito americano in Afghanistan, dove è andato a portare aiuto ai fratelli talebani. Fezzani viene rinchiuso nel carcere di Bagram per sette anni, finché nel 2009 viene estradato in Italia nel quadro del piano di Obama per chiudere le “Guantanamo” nel mondo. Imputato per terrorismo a Milano, Abu Nassim racconta ai magistrati delle atroci torture subite durante la prigionia in Afghanistan. Dopo quattro anni di processo Fezzani viene assolto dal Tribunale con una sentenza che fa infuriare la procura. Il ministero dell’Interno ne ordina comunque l’espulsione per motivi di sicurezza, ma lungo il tragitto per l’aeroporto di Malpensa Fezzani riesce a scappare lanciandosi giù dalla gazzella in corsa sulla tangenziale. Viene rintracciato qualche giorno dopo a Varese e imbarcato a forza sul volo per Tunisi.

L’affiliazione all’Isis. Secondo fonti americane, nel 2013 dalla Tunisia Fezzani si sposta in Siria dove si unisce ai jihadisti di Jabhat al Nusra. Dopo qualche tempo passa sotto la bandiera dell’Isis, diventando comandante della brigata al-Battar, un’avanguardia creata con il preciso scopo di cercare zone fertili per l’espansione del califfato nero. Con questo ruolo Abu Nassim viene inviato in Libia, dove i gruppi affiliati allo Stato islamico hanno preso il controllo di Sirte. Sempre secondo l’intelligence, dalla Libia Fezzani prende parte all’organizzazione di molti attacchi terroristici fra i quali la strage al museo del Bardo del 18 marzo 2015. Sarebbe anche stato il produttore del video di rivendicazione degli attentati di Bruxelles del marzo scorso in cui compare proprio il logo di al-Battar. Le imprese terroristiche di Fezzani hanno ottenuto grande eco nel triangolo del terrore lombardo, la zona compresa fra Milano, Novara e Gallarate, da cui sono partiti per la Siria molti foreign fighters italiani.

L’estradizione dal Sudan. Nel frattempo, nel 2014 è arrivata da Milano la condanna definitiva per associazione a delinquere con finalità di terrorismo. Fezzani è ora conteso fra i magistrati italiani e le autorità tunisine che ne richiedono contemporaneamente al governo sudanese l’estradizione. Per quale motivo il reclutatore dell’Isis si trovasse in Sudan rimane un mistero. Il sospetto è che con la sua brigata d’avanguardia fosse alla ricerca di nuovi orizzonti per lo Stato islamico che sta perdendo terreno in Siria e in Iraq.