Dopo 507 giorni di stallo, Israele trova una maggioranza di governo. La Knesset, il parlamento del Paese, ha approvato la fiducia all’esecutivo guidato da Benjamin Netanyahu e Benny Gantz. L’alleanza del partito nazionalista Likud (Netanyahu) con la compagine centrista Blu e Bianco (Gantz) porta il Paese fuori dall’impasse. L’assemblea ha votato la fiducia con 76 voti a favore e 46 contrari. Per Netanyahu è la quinta volta (e la quarta di fila) sulla poltrona di capo del Governo. Poltrona che condividerà con l’ex capo di stato maggiore Benny Gantz, suo ex rivale, che gli darà il cambio il 17 novembre 2021. Netanyahu dovrà affrontare un periodo non semplice per Israele che vive un’impennata del tasso di disoccupazione a causa dell’emergenza coronavirus. Dovrà fronte anche ai suoi guai con la giustizia. A carico di “Bibi” ci sono tre processi: corruzione, fondi illeciti e violazione della fiducia. Il primo andrà in aula il prossimo 24 maggio.

Una poltrona per due – Si è deciso per la rotazione dei capi dell’esecutivo. Il Governo di unità ed emergenza che ha appena ricevuto la fiducia resterà sotto la guida di Benjamin Netanyahu per 18 mesi. Dopodichè sarà la volta di Benny Gantz che guiderà l’esecutivo per altri 18 mesi. Entrambi avranno il titolo di “primo ministro alternato” nel periodo in cui non saranno in carica come primo ministro. «Questo è un importante giorno per Israele», ha detto Netanyahu. «Il Governo è stato formato con il sostegno della maggior parte d’Israele e sarà il governo di tutti». Il sigillo della Knesset arriva dopo che Benny Gantz ha deciso di rompere con il passato. Il leader del partito Blu e Bianco si era sempre rifiutato di governare con Netanyahu per via del suo rifiuto a fare un passo indietro visti i processi in cui è imputato.

Benjamin Netanyahu (a sinistra) e Benny Gantz (a destra)

«Più ministri che pazienti Covid» – La squadra di governo Gantz-Netanyahu è la più nutrita della storia del Paese: 34 ministri e 16 viceministri. Un esecutivo “monstre” frutto di una lunga trattativa fra le due forze di maggioranza. Per riuscire a incastrare tutti i tasselli, sono stati scorporati alcuni ministeri. Energia e Risorse idriche, ad esempio, d’ora in avanti saranno due dicasteri separati. «Ci sono più ministri e viceministri che persone ricoverate in terapia intensiva per il coronavirus» ha attaccato il centrista-laico Yair Lapid durante la cerimonia di insediamento. In effetti il rapporto è 50 contro 48 in favore dei membri dell’esecutivo. Alcuni ministeri sono stati creati ex novo. Ha fatto molto discutere la nascita del Ministero per il Rafforzamento Comunitario, affidato a Orly Levy. Il ministero più controverso è però quello creato in extremis pochi minuti prima del discorso di Netanyahu alla Knesset. Si tratta del dicastero dedicato “agli insediamenti”, affidato all’ex viceministra degli esteri Tzipi Hotoveli.

Nuovi equilibri – Israele sta lottando per uscire dalla peggiore crisi economica che il Paese abbia mai affrontato. La disoccupazione causa emergenza coronavirus è passata dal 3,6% al 27%. Non sono mancate le polemiche sui costi del nuovo esecutivo. Netanyahu si è difeso spiegando che il costo di questo Governo (85 milioni di shekel l’anno) è comunque inferiore al costo di un’eventuale nuova tornata elettorale (2 miliardi di shekel). Gli equilibri tra le forze politiche sembrano dare un taglio al passato. Amir Peretz e Itzik Shmuli, i due soli superstiti dello storico Partito Laburista, sono venuti meno alla promessa elettorale di “non sedersi mai con un premier accusato di corruzione” e hanno ottenuto il ministero dell’Economia e del Welfare. Uno dei principali programmi del nuovo esecutivo è l’estensione della sovranità israeliana a parti della Cisgiordania occupata, come previsto dal piano di Trump. Netanyahu ha affermato nel suo discorso di insediamento che «è giunto il momento di procedere», ma i membri di Blu e Bianco contestano l’unilateralità della decisione. Lo scorso 28 gennaio Donald Trump aveva presentato il suo piano, da lui definito “l’accordo del secolo”, che prevedeva l’annessione israeliana di gran parte degli insediamenti in Cisgiordania, con Gerusalemme “capitale indivisa di Israele”, e la nascita di due Stati. Il presidente americano aveva annunciato l’apertura di un’ambasciata americana a Gerusalemme Est e, per ammorbidire l’opposizione dei palestinesi, aveva anche promesso investimenti per 50 miliardi di dollari. È tempo «di aprire un nuovo capitolo nella storia del sionismo», ha enunciato Nathanyahu. Davanti ai deputati della Knesset il premier ha spiegato che secondo lui tutto ciò avvicinerà la pace con i palestinesi e sarà condotto in coordinamento con gli Stati Uniti. «Non ci sarà pace con l’occupazione e l’apartheid» ha gridato invece Yousef Jabareen, deputato della Lista Unita degli arabo-israeliani, prima di essere espulso dall’aula.