Due anni di censura e silenzio, ma ora il muro costruito dalle autorità israeliane attorno alla vicenda del “Prigioniero X” sembra crollare. Ben Zygier, cittadino israelo-australiano e agente del Mossad morto il 15 dicembre 2010 nella cella super-protetta del carcere Ayalon di Tel Aviv, “si sarebbe impiccato con un lenzuolo in bagno, dove le guardie non potevano vederlo”, almeno secondo quanto sostiene il quotidiano israeliano Maariv.

Il giornale riporta per ora la versione iniziale del servizio carcerario: i guardiani osservavano l’interno della cella solo ad intervalli di 20-25 minuti, “senza sospettare” che Zygier potesse togliersi la vita. Zygier – scrive Maariv – dopo la colazione tolse il lenzuolo dal letto dando l’impressione che volesse lavarlo; entrò nel gabinetto (dove non c’era la sorveglianza delle telecamere) ed allacciò il lenzuolo a sbarre molto resistenti, composte di un misto di acciaio e cemento”.

Ora si attende la versione delle autorità israeliane, che non hanno ancora deciso se divulgare un rapporto finora top secret sulle circostanze della morte del “Prigioniero X”.

Gli aspetti oscuri sul caso restano ancora molti. In primo luogo, quelli sulle ragioni dell’arresto di Zygier, nel febbraio 2010. La pista del “doppio-gioco” e del passaggio di informazioni sembra non convincere tutti. Spiega Alexander Downer, l’ex ministro degli Esteri australiano: “C’é un crimine molto grave dietro all’arresto di Ben Zygier e sospetto sia qualcosa di molto più serio che aver condiviso informazioni con il servizio segreto israeliano”.

Secondo la tv australiana Abc, Zygier avrebbe passato informazioni all’intelligence di Canberra su una operazione segreta condotta dallo stesso Mossad a Milano. Per questo sarebbe stato arrestato. Abc non specifica di che missione si tratti, ma precisa che “nel 2009 Zigyer ha richiesto un visto per l’Italia. E che proprio a Milano aveva messo in piedi per il Mossad in Europa una azienda di copertura per esportare tecnologia nei Paesi arabi, Iran e Siria inclusi”.

Alexis Paparo