Il 19 gennaio è entrata in vigore una tregua di 42 giorni tra Hamas e Israele. Dopo 15 mesi di guerra le due parti si scambieranno ostaggi e prigionieri. Le prime liberate sono state Romi Gonen, 24 anni, Doron Steinbrecher, 31 e Emily Damari, 28, tutte rapite il 7 ottobre da Hamas. In cambio il gruppo terroristico ha fornito una lista di 95 prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, per lo più donne e minori. Si interrompe così un conflitto di 471 giorni che il mondo oggi racconta con due immagini. Da un lato migliaia di sfollati palestinesi che in fila indiana camminano tra le macerie, su quella che un tempo era una strada, per tornare alle loro case nel nord della Striscia. Dall’altro i miliziani di Hamas che armati e coperti in volto sono usciti dai tunnel e festeggiano in piazza, accompagnando il passaggio dei tre ostaggi israeliani alla Croce rossa internazionale.

Verso nord – Tra le macerie di case e palazzi distrutti sfilano i palestinesi, chi a piedi, chi su un carretto di fortuna e chi su una bici resistita ai mesi di bombardamenti. La direzione è il nord di Gaza, verso quella che un tempo era la loro casa. Nel mentre da sud, al valico con l’Egitto, sono entrati 310 camion di aiuti alimentari e 20 di carburante. L’Unrwa (Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel vicino oriente) fa sapere che altri 4 mila sono pronti a partire. La studentessa palestinese Rita Baroud racconta a Repubblica dei primi istanti in cui la tregua è stata annunciata. La gente si è riversata sulle strade di Deir el-Balah, sulla costa di Gaza. Parla di un commerciante sceso in piazza con lei: «Mi ha fatto sorridere sentirlo parlare dei suoi piani di tornare a casa». Che ci sia una casa a cui tornare è però tutto da vedere. Dopo 15 mesi di guerra il bilancio dei morti palestinesi è arrivato a 46mila. Secondo il ministero della Salute di Gaza i feriti sono 110.265 e 11mila i dispersi. Stime che però potrebbero essere superiori. Qualche giorno fa la rivista The Lancet ha pubblicato una ricerca della London School of Hygiene & Tropical Medicine. Secondo i loro dati le vittime sarebbero state sottostimate e arriverebbero a 70mila. Il 40 per cento in più rispetto alle stime ufficiali. Ai sopravvissuti il compito di ricostruire un paese devastato.

Ricostruzione – Secondo le stime Onu di ottobre 2024 ci sarebbero 42 milioni di tonnellate di macerie. Pochi giorni fa però il Times UK ha alzato la cifra a 50,8 milioni di tonnellate. Per rimuoverle servono almeno 1,5 miliardi di dollari. Solo per spostare tutto servono 14 anni, senza contare che sotto quelli che erano palazzi e case ci sarebbero 7.500 tonnellate di ordigni inesplosi (fonte Autorità per la qualità ambientale della Palestina). Per il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (Undp) la ricostruzione dovrebbe andare da qui al 2040, con investimenti fino a 40 miliardi. Sarà poi da ripensare tutta la società, il sistema scolastico, economico, sanitario, … tutto raso al suolo come i palazzi della Striscia. A chi spetterà farlo ancora non è chiaro. L’Autorità nazionale palestinese (Anp) guidata da Abu Mazen ritiene di doversi assumere questo compito. Da mesi afferma che «tocca a noi governare la Striscia. Siamo pronti ad assumerci la responsabilità». Non è però della stessa opinione Israele che tramite il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar afferma di non ritenere l’Anp in grado di controllare neanche la Cisgiordania. In tutto questo rimane sempre l’incognita Hamas che, nonostante le numerose perdite, non sembra essere stato sconfitto.

 

Hamas – Il volto di Hamas del 19 gennaio è l‘Unità Shadow. Comandati dalle brigate al Qassam, i loro membri sono specialisti dei sequestri di persona e vivono in segretezza totale. In divisa scura e fascia verde intorno al capo, hanno gestito la folla e accompagnato i tre ostaggi verso le macchine della Croce rossa internazionale. Non sembrano le immagini di un esercito sconfitto, anzi sembrano ridere in faccia al loro nemico. Dopo la morte per mano degli israeliani del leader di Hamas Yahya Sinwar, il 16 ottobre 2024, il gruppo terroristico non si è disgregato. Tenuto insieme Mohammed Sinwar, il fratello, ha continuato la guerra fino ad oggi. Non ci sono stime ufficiali di quanti fossero i miliziani sotto la guida del primo leader ma si pensa intorno ai 20-30mila soldati. Si devono aggiungere anche 4mila jihadisti e 7-10mila combattenti di fazioni minori. Israele ne avrebbe eliminati la metà dal momento che considera ancora in attività 13-18 mila miliziani. La stampa americana segnala però che sono già in corso reclutamenti rapidi da parte di Hamas, pronto a rinforzare le proprie fila in tempi brevi. Non ci sono più battaglioni o brigate organizzate ma nuclei minori che puntano sulla strategia della guerriglia con mine e razzi anti-carro. Avrebbero così ucciso almeno 400 soldati israeliani ferendone altri 2.284. Inoltre, vera forza del gruppo sono sempre stati i tunnel sotterranei che gli israeliani hanno faticato a distruggere. Tuttavia, secondo Tel Aviv, il 40 per cento di questi sarebbe ancora attivo.