Ordini di evacuazione, bombardamenti, pochi aiuti umanitari: dopo più di un anno Israele continua a colpire il Nord della Striscia di Gaza. Un rapporto di Human Rights Watch ha denunciato che «i funzionari israeliani stanno commettendo il crimine di guerra del trasferimento forzato» e che il perimetro lungo cui si muove l’esercito dello Stato ebraico «soddisfa la definizione di pulizia etnica». Secondo quanto stipulato dalle convenzioni internazionali, lo spostamento di popolazioni è previsto solo alla luce di fondamentali azioni militari e deve essere seguito da adeguate misure per la sicurezza dei civili sfollati. Israele, sostiene l’organizzazione non governativa, è quindi chiamata dal diritto internazionale a ricorrere all’evacuazione solo quando si tratta dell’unica opzione rimasta sul tavolo, mettendo in atto tutti gli sforzi necessari per evitare il verificarsi di questo scenario.

La replica – L’esercito israeliano sostiene che i numerosi trasferimenti forzati della popolazione di Gaza sono messi in atto proprio per garantire maggiore protezione ai civili. E l’ordine di evacuazione sarebbe pertanto giustificato da «imperative ragioni militari», cioè la distruzione dei nuclei armati di Hamas infiltrati tra la popolazione. Ma secondo quanto sostenuto da Hrw, la giustificazione di Israele non è sufficiente e le sue misure non sarebbero pensate per la sicurezza dei palestinesi.
Secondo una stima delle Nazioni Unite, nel Nord della Striscia sono circa 400.000 i residenti non disposti o impossibilitati a seguire gli ordini di evacuazione imposti dall’esercito israeliano. Anche perché non è chiaro quando potranno rientrare nelle proprie abitazioni (o in quel che ne resta): il generale di brigata israeliano Itzik Cohen ha dichiarato che «non c’è alcuna intenzione di permettere ai residenti del nord della Striscia di Gaza di tornare alle loro case».
Sembra che l’obiettivo dell’Idf sia ora quello di tagliare in due Gaza: lungo 6 km, il corridoio di Netzarim taglia a metà la Striscia, isolando il Nord dal Sud. Nato come corridoio di sicurezza, quel lembo di terra è ora stato ampliato e potrebbe servire all’esercito israeliano per controllare gli spostamenti dei civili. Se Israele dovesse scegliere di portare avanti il cosiddetto “piano dei generali” (come auspicato dall’ala più intransigente del governo), il Nord della Striscia diverrebbe infatti zona militare chiusa. Con l’obbligo per tutti i civili rimasti di abbandonare l’area, pena essere considerati legittimi obiettivi militari.

In Libano – I trasferimenti forzati di popolazione non si limitano, tuttavia, a Gaza: questa mattina, poco dopo aver lanciato un ordine di evacuazione immediato, Israele ha bombardato la periferia Sud di Beirut. Per il terzo giorno consecutivo, l’esercito di Tel Aviv ha attaccato la capitale libanese: sono stati almeno 6 i raid aerei nelle ultime settantadue ore. L’Idf ha diffuso una mappa di strutture affiliate a Hezbollah da cui i residenti devono tenersi distanti almeno 500 metri per non essere colpiti. Le stime parlano di circa un milione di sfollati in Libano: il poco preavviso e l’alto numero di trasferimenti stanno mettendo a dura prova un paese al collasso, rischiando di riaccendere antiche rivalità tra le comunità politico-confessionali in cui è diviso il Paese dei cedri..