Dopo giorni senza un equipaggio, è stato trovato il personale di volo disposto ad accompagnare giovedì il premier isarealiano Benyamin Netanyahu a Roma per incontrare Giorgia Meloni. Secondo il quotidiano Times of Israel, i piloti si sarebbero ammutinati per protestare contro il progetto di riforma della giustizia. Dopo nove settimane dalle elezioni continuano intanto le proteste in tutto il Paese contro il governo più di destra della storia di Israele.

Il premier Benyamin Netanyahu ANSA/Etienne Laurent

Lo sciopero dei piloti- Fino a domenica nessun pilota della compagnia di bandiera “El Al” si era fatto avanti per condurre Netanyahu e la sua ‘first lady’ Sara in Italia. Solo poche ore dopo la compagnia ha annunciato di aver trovato un equipaggio disponibile per il volo. La tesi di El Al è che dietro le difficoltà organizzative non ci sia stata alcuna motivazione politica e che il problema sia stato l’indisponibilità di piloti per i Boeing 777, il modello utilizzato da Netanyahu e dalla moglie Sara per le missioni all’estero. Questa prospettiva è però in contrasto con gli ultimi avvenimenti. Domenica 37 riservisti su 40 dell’aeronautica militare hanno dichiarato che non si presenteranno alla giornata di addestramento prevista per il prossimo mercoledì per «dedicare il proprio tempo al dialogo e alla riflessione, per il bene della democrazia e dell’unità nazionale».

Le proteste – Il primo marzo i dimostranti antigovernativi hanno riempito 90 località di Israele. Secondo i media locali, a  Tel Aviv c’erano circa 160mila persone. Nella città mediterranea gli scontri sono stati violenti. La polizia ha utilizzato cannoni ad acqua per impedire il blocco delle strade. Quaranta manifestanti sono stati arrestati, undici sono rimasti feriti duranti gli scontri.

La riforma della giustizia – La ragione delle proteste è la riforma della giustizia, proposta dal premier israeliano, che limiterebbe i poteri della Corte Suprema nei confronti del governo. Il disegno di legge prevede che 8 su 11 giudici del comitato designato a eleggere i membri della corte suprema siano scelti dal governo. Il provvedimento è letto dal popolo come una chiara minaccia alla democrazia. In Israele non esiste una Costituzione ma solo alciune Leggi fondamentali. Il parlamento è composto da una sola camera e il presidente non può esprimere voto contrario alle leggi presentate. Il potere di porre il veto è quindi attribuito solo alla Corte suprema che rischierebbe di perdere la sua indipendenza nel caso in cui dovesse passare la riforma.