“Demagogo”, “tribuno populista”, “Chavez francese”. Nelle ultime settimane, Jean-Luc Melenchon è stato definito in molti modi. Le Figaro gli ha persino dedicato un editoriale dal titolo: Maximilien Ilic Melenchon. Un mix tra Robespierre e Lenin. Ma “Meluche”, come lo chiamano i militanti del suo movimento La France insoumise (La Francia ribelle), non si scompone e continua a macinare comizi. Anche virtualmente, con un ologramma. Fino a qualche tempo fa sembrava impossibile, ora non più: la sera del 7 maggio, i francesi potrebbero rivolgersi a lui con l’appellativo più improbabile: Monsieur le President.

Terzo nei sondaggi – Jean-Luc Melenchon è il candidato della sinistra radicale. È alla seconda elezione presidenziale: nel 2012 si presentò alla guida del Front de Gauche (Fronte della sinistra). Si piazzò al quarto posto con l’11,1% dei voti, un risultato onorevole. Nel febbraio 2016, per la nuova corsa all’Eliseo, Melenchon lancia La France insoumise: nome nuovo ma, per tutti gli osservatori, stesso copione del 2012. Il vecchio “comunista” avrebbe infiammato qualche nostalgico e irretito qualche giovane: ma con l’inserimento di Macron, oltre alla presenza di Repubblicani, Socialisti e Front National, poteva ambire al massimo al quinto posto. E invece la campagna elettorale racconta un’altra storia. Melenchon approfitta soprattutto di una sinistra liquefatta, con i Socialisti distrutti dalla presidenza poco carismatica di Francois Hollande. E a pochi giorni dal voto, gli ultimi sondaggi danno Melenchon al terzo posto. Davanti al candidato gollista Francois Fillon, travolto dagli scandali. E a un soffio dai due favoriti per il ballottaggio, Marine Le Pen ed Emmanuel Macron.

Dall’Africa a Parigi – Tra tanti soprannomi, chi è davvero Jean-Luc Melenchon? Il leader di La France insoumise è il più anziano tra i candidati principali, e l’unico che non sia nato in Francia. Melenchon nasce nel 1951 in Africa, a Tangeri: oggi città del Marocco, allora zona internazionale sotto la protezione di Francia e Spagna. I genitori sono Georges, impiegato all’ufficio postale, e Jeanine, maestra. Nelle sue vene scorre sangue spagnolo dalla parte del padre e italiano da quella della madre (la nonna Jeanne Emmanuelle Caserta era originaria di Ustica, in Sicilia). A undici anni i genitori divorziano, e Jean Luc segue la madre in Francia: prima in Normandia, poi in Borgogna. Anni difficili («Ho vissuto la Normandia come un mondo terrificante», dirà da adulto) che forgiano il carattere del futuro tribuno. Laureato in Filosofia nel 1972 a Besançon, comincia a insegnare francese in una scuola tecnica e collabora con testate locali. Si sposa con Bernadette Abriel e nel 1974 nasce la figlia Maryline Camille. Il matrimonio non dura a lungo. Jean-Luc non si sposerà più, anche se i fogli rosa parlano di altre donne nella sua vita. Come l’ultima fiamma, la regista e attrice Saïda Jawad. “Meluche” rimane comunque molto riservato sulla vita privata, e in una nota pubblicata sul suo sito lo scorso 22 marzo ha scritto: «Se sarò Presidente, dal momento che sono single, non avrete una First Lady: sarò quindi un Presidente più economico».

Cibo, musica e film – La regione borgognona segna i gusti culinari di Melenchon: i suoi cibi preferiti sono le noccioline, il tipico formaggio comté e naturalmente il vino, meglio se bianco. Ha confessato di essere amante del ballo, specialmente del tango. I gusti musicali, invece, sono moderni: in un’intervista del 2016 ha ammesso di essere impressionato dal belga Stromae, e di ascoltare la sua celebre Alors on danse prima dei comizi. Un ruolo importante nella sua vita ce l’ha una canzone di Carla Bruni, moglie di Nicola Sarkozy: il brano Quelqu’un m’a dit fu importante per Melenchon in un periodo di depressione, nel 2002. Per quel che riguarda il cinema, i film preferiti sono Apocalypse now di Francis Ford Coppola e Piccolo grande uomo, western di Arthur Penn con Dustin Hoffmann. “Meluche” non è appassionato di sport: parla di calcio solo per criticare i super stipendi delle star di Ligue 1.

Jean-Luc Melenchon con Hugo Chavez, Presidente socialista del Venezuela morto nel 2013

La carriera politica – Melenchon comincia a interessarsi di politica all’università, con le simpatie per i movimenti trotzkisti. Dal 1972 al 1976 milita nell’Organizzazione comunista internazionalista con il nome di battaglia di “Santerre”, uno dei generali della Rivoluzione francese. Per oltre trent’anni, poi, è membro del Partito Socialista, animando in particolare la corrente Nuovo Mondo (ovviamente, ala sinistra del partito). È senatore dal 1986 («Quando io frequentavo il college», ricorda beffardamente Emmanuel Macron) al 2010, con un’interruzione tra il 2000 e il 2004. In questi anni, tuttavia, Melenchon vive la sua più alta esperienza istituzionale, servendo come ministro dell’istruzione nel governo presieduto da Lionel Jospin mentre il Presidente della Repubblica è il gollista Jacques Chirac. Alla fine del 2008 lascia i socialisti per fondare il Partito di Sinistra, sul modello della Linke tedesca: è il primo passo della storia che porta, oggi, alla corsa de La France insoumise.

Presidenziali 2017 – «Essere eletto, convocare un’Assemblea costituente e fondare la Sesta Repubblica». Sui siti avenirencommun.fr e laec.fr (le due piattaforme della campagna elettorale) si apre così la lista delle proposte politiche di Melenchon per le Presidenziali del 23 aprile. «Un programma in evoluzione permanente» che risponde all’«urgenza di un nuovo corso democratico». Al primo punto dell’agenda c’è la necessità di scrivere una «nuova Costituzione per creare una sesta Repubblica che sia democratica, egalitaria, che stabilisca nuovi diritti e che imponga l’imperativo ecologico». Verrebbe quindi indetto un referendum (secondo l’art.11) per convocare l’Assemblea, della quale nessun parlamentare dell’odierna classe politica potrà far parte e i cui delegati potranno invece candidarsi alle elezioni dopo l’entrata in vigore del nuovo testo costituzionale. Obiettivo primario di questa operazione: «Spazzare via l’oligarchia e abolire i privilegi della casta: la virtù deve essere al centro dell’azione politica». Fra le proposte: «Abolire la monarchia presidenziale instaurando un sistema parlamentare», eliminare il Senato, stabilire l’ineleggibilità delle persone condannate per corruzione e impedire l’ingresso in Parlamento dei lobbisti.

Economia – «Instaurare un protezionismo solidale per produrre in Francia», intervenire nella finanza (introducendo tra l’altro una tassa reale sulle transazioni in borsa) e finanziare le piccole e medie imprese. In materia economica il programma del candidato di La France insoumise si scaglia dunque contro i grandi flussi economici mossi dalle borse, ma anche contro l’evasione fiscale, obbligando le imprese alla trasparenza e impedendo alle banche francesi «ogni operazione nei paradisi fiscali». Ma ci sono anche questioni più concrete e mirate, come le proposte di «ridurre l’orario di lavoro, per lavorare di meno ma lavorare tutti» e stabilire un tetto massimo per gli stipendi dei dirigenti d’impresa.

Ecologia – La questione ambientale ha un ruolo centrale nel programma politico di Melenchon. «Il cambiamento climatico impone di smettere di utilizzare le energie che emettono gas serra e il nucleare non è la soluzione», si legge su laec.fr. Fra le proposte c’è «l’adozione di un piano di transizione verso le energie rinnovabili», che vanno sviluppate contestualmente alla cessazione dell’utilizzo di carbone e petrolio e allo stop della privatizzazione delle centrali idroelettriche. Obiettivo: «100% energie pulite nel 2050». Importante anche l’addio al nucleare, con la chiusura della centrale di Fessenheim e l’abbandono dei progetti Epr (Flamanville e Hinkley Point), seppellendo i rifiuti nucleari nel deposito nel comune di Bure, nella Lorena.

Melenchon poco prima di un comizio a Marsiglia, durante la campagna elettorale

Europa – «Il nostro programma non è compatibile con le regole dei trattati europei che impongono l’austerity dei conti, il libero scambio e la distruzione dei servizi pubblici. Dovremo dunque disattendere i trattati quando saremo al governo», si legge nel programma elettorale di Jean-Luc Mélenchon. In nome della sovranità del popolo francese, il candidato propone di «uscire dal patto di stabilità e dalle logiche comunitarie in materia di deficit ratificate da François Hollande, in violazione dei suoi impegni di campagna elettorale». Si dovranno poi rifiutare i trattati di libero scambio e fermare «la liberalizzazione e la privatizzazione dei servizi pubblici», fra i quali anche il trasporto ferroviario.

Immigrazione e pace – «Emigrare è sempre una sofferenza per chi parte. Bisogna fermare le guerre, gli accordi commerciali che distruggono le economie locali e affrontare il cambiamento climatico», afferma Mélenchon. In materia di relazioni internazionali il suo programma politico prevede la creazione di un’Organizzazione mondiale delle migrazioni legata all’Onu che rafforzi l’azione dell’Unhcr e la convocazione di una conferenza annuale per discutere del tema. «In Europa, bisogna uscire dall’impasse Schengen e Frontex», rafforzando i soccorsi nel Mediterraneo e ripensando la politica di controllo delle frontiere esterne: no alla militarizzazione dei confini e all’accordo sull’immigrazione stipulato dall’Ue con la Turchia. Fra le aspirazioni del programma politico di Mélenchon ci sono poi le fine del conflitto in Siria sotto l’egida dell’Onu e di quello israelo-palestinese.

Campagna social e ologrammi – Tutte le rilevazioni convergono su un dato: Melenchon ha condotto la miglior campagna elettorale. Il punto di svolta ha una data: 20 marzo, primo confronto televisivo tra i cinque candidati. Melenchon è a suo agio e guadagna consensi.

La crescita di Melenchon nella percezione della miglior campagna elettorale da parte dei francesi

Da allora la sua percezione è stata buona, grazie anche ad alcune trovate originali. La prima: un uso creativo dei social network, grazie a una squadra di giovani che si sono inventati ad esempio il videogioco “Fiscal Kombat”, spiegato dallo stesso Melenchon in un video su Youtube:

E poi c’è l’ologramma. Nelle ultime settimane, Melenchon ha usato l’ubiquità: mentre teneva un comizio, la sua immagine appariva anche in altre sedi davanti ai militanti in festa. Merito di un sistema per riprodurre la sua immagine in tempo reale, con uno scarto inferiore al minuto.

Lo scorso 18 aprile, Melenchon ha parlato a Digione; ma contemporaneamente appariva in altre 6 città, e persino nell’isola francese di La Reunion in pieno Oceano Indiano. Non c’è che dire: la campagna elettorale finisce nel segno di “Meluche”. E se davvero arrivasse al ballottaggio, complice magari un risultato deludente di Macron, per il figlio del Marocco l’Eliseo sarebbe a un passo.