La Corea del Nord rischia la fame. Persino Kim Jong-Un ha dovuto parlare apertamente di crisi, tanto la situazione agricola è grave. L’economia del Paese asiatico, su cui già gravano sanzioni internazionali, dovrà affrontare mesi difficili a causa del blocco ai commerci imposto dalla pandemia e di una serie di alluvioni che hanno devastato i raccolti di grano. Ancora più pessimista la Fao, l’agenzia Onu che si occupa della situazione alimemtare a livello globale, che parla apertamente di scarsità di cibo.

Kim Jong-Un in visita a un villaggio colpito da un’alluvione (Reuters)
Rischio carestia – È stato lo stesso dittatore a fare un resoconto ai suoi collaboratori più stretti. Cosa che ha dello straordinario, vista la ben nota avversione del leader nordcoreano ad annunci pubblici di debolezza e difficoltà. Già in aprile, Kim aveva lanciato una “Ardua marcia” per «alleviare la situazione delle masse», di fronte a un’agricoltura che rappresenta il 22% dell’economia nordcoreana e la cui ripresa è ora la principale priorità per i quadri del partito. In un documento pubblicato lo scorso maggio, la Fao ha evidenziato il rischio di «un duro periodo di scarsità alimentare» tra agosto e ottobre se Pyongyang non dovesse ricorrere ad aiuti esterni. Nelle ultime settimane, i media sudcoreani hanno osservato un aumento verticale del prezzo del riso e stimano che nel 2021 la produzione di grano diminuirà di 1,3 milioni di tonnellate.
Scelte sbagliate – Un’ammissione di tale portata rappresenta un duro colpo per le politiche economiche di Kim Jong-Un. Nel 2011, quando raccolse dal padre lo scettro del comando, il dittatore promise ai nordcoreani che «non avrebbero più dovuto tirare la cinghia». Le sanzioni internazionali, scattate dopo la scelta di allargare l’arsenale del Paese, furono un primo, duro colpo ai piani di Kim, tanto che la revoca fu una delle questioni sul tavolo nei vertici, tanto storici quanto infruttuosi, con il presidente Usa Donald Trump. La scorsa estate, quando il Covid imperversava nel globo e le prime alluvioni colpirono la Corea del Nord, il dittatore rifiutò qualsiasi aiuto internazionale per sigillare il Paese di fronte al rischio, potenzialmente devastante, di una diffusione del virus. Pyongyang ha sempre negato di aver mai rilevato la presenza del virus all’interno dei propri confini. Una scelta infelice, visto che in gennaio Kim è stato costretto ad ammettere pubblicamente il fallimento della scelta.
Uno sguardo al passato – Ora, di fronte all’acuirsi della crisi, la soluzione viene cercata nel passato. Kim è pronto a lanciare un nuovo piano quinquennale – tipico prodotto dellla vecchia economia centralizzata, il primo fu varato in Urss da Iosif Stalin alla fine degli anni Venti – per risollevare l’agricoltura e, con questa, l’economia nordcoreana. E sempre al passato si è appellato per il nome del piano, «Ardua Marcia»: l’espressione fu coniata da Kim Jong-Il, padre e predecessore dell’attuale dittatore, a metà degli anni Novanta, quando una carestia durissima colpì un Paese già provato dall’interruzione dei rapporti commerciali conseguente al crollo dell’Unione Sovietica. Il prezzo che i nordcoreani pagarono allora fu altissimo: secondo le stime, la carenza di cibo provocò oltre un milione di morti. Oggi la situazione sembra meno grave, ma le organizzazioni umanitarie stimano che 10 dei 25 milioni di nordcoreani siano cronicamente malnutriti.