++ Charlie Hebdo: auto contro poliziotta davanti a Eliseo ++La nuova edizione di Charlie Hebdo ha già venduto cinque milioni di copie e altre ristampe sono previste. Si potrebbe trarre la conclusione che, dopo le strage che hanno sconvolto Parigi dal 7 al 9 gennaio, a prevalere siano stati il coraggio e la decisione di impedire che la libertà di parola di molti venga tenuta ostaggio da pochi. Invece a prevalere è stata la paura, il terrore di un nuovo attacco. Un’atmosfera tesa e spaventata sta intossicando la Francia in questi giorni. Il minimo incidente porta subito a urlare “al terrorista!”. Il rischio è quello di una caccia alle streghe.

Lo dimostra l’episodio della poliziotta investita davanti all’Eliseo, a Parigi, la notte del 15 gennaio, mentre cercava di fermare un’auto che aveva imboccato il viale contromano. È scattato subito l’allarme terrorismo, è iniziata una caccia all’uomo e Hollande si è recato immediatamente sul posto. Prontamente catturate le quattro persone a bordo, il guidatore ha ammesso che, preso dal panico perché sapeva di essere in contromano, ha premuto sull’acceleratore e investito la poliziotta. Quest’ultima, benché ferita, non è in pericolo di vita. Anche la polizia ha smentito ogni legame con gli attacchi dei giorni scorsi. Si è trattato di un ordinario incidente stradale, come gli oltre 50 mila che avvengono in media ogni anno in Francia.

Credit: Repubblica.it

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A sottolineare la tensione c’è anche la decisione di molti governi, Stati Uniti e Russia in testa, di censurare il nuovo numero di Charlie Hebdo. Il divieto di diffusione del settimanale era dato per scontato nei Paesi a maggioranza musulmana, proprio perché la raffigurazione del Profeta Maometto è considerata blasfemia secondo i precetti dell’Islam. Ha fatto invece discutere la censura attuata da alcuni Paesi occidentali, giustificata dalla volontà di non offendere i cittadini di fede islamica. La paura di ripercussioni è prevalsa sulla volontà di lanciare un messaggio forte e chiaro in difesa della libertà di espressione.

Ma ripercussioni ci sono state anche sulla comunità musulmana francese dopo gli attentati. Nella notte che ha seguito la strage di 12 persone nella redazione di Charlie Hebdo, tre bombe sono state lanciate contro la moschea di Le Mans, nella Valle della Loira, e un proiettile è stato sparato contro una delle finestre. A Port-la-Nouvelle, nel sud della Francia, due colpi di arma da fuoco sono stati esplosi contro una sala di preghiera musulmana. A Villefranche-Sur-Saone, nella zona centro-orientale della Francia, un’esplosione dolosa ha investito un ristorante di kebab vicino alla moschea. L’escalation della tensione ha spinto il presidente della Repubblica in persona, François Hollande, a invitare, in un discorso pubblico del 15 gennaio, a non cadere nell’errore della pericolosa equazione “musulmano uguale terrorista”.

La paura è arrivata anche su scala internazionale, con esponenti politici francesi e europei che, spaventati da possibili attacchi in patria, credono di risolvere il problema ritrattando la convenzione di Schengen, chiudendo le frontiere agli immigrati, e attuando una legislazione ad hoc più severa in materia di sicurezza. Ma i fratelli Kouachi e Amedy Coulibaly erano francesi. Nati e cresciuti in Francia. Il pericolo è che la paura e lo shock post-stragi portino a varare una legge liberticida, contraria ai principi fondatori degli Stati occidentali e anche quelli ispiratori di giornali come Charlie Hebdo.

La sfida per la Francia, e per il mondo intero con lei, ora è questa: superare il trauma e non cedere al terrore. Rimanere salda ai propri principi e non arrivare a sacrificare la libertà di espressione e di circolazione sull’altare della sicurezza nazionale.

Alessia Albertin