François Hollande al Parlamento in seduta comune a Versailles, Parigi

La risposta francese agli attacchi di Isis non si è fatta attendere. Nella notte tra lunedì 16 e martedì 17 novembre 10 aerei da caccia Rafale e Mirage 2000 hanno lanciato 16 bombe su Raqqa, la sedicente capitale siriana del Califfato. «La Francia è in guerra», aveva dichiarato  il presidente della Repubblica francese nel suo discorso di lunedì 16 novembre al Parlamento riunito in seduta Comune a Versailles. La posizione di François Hollande risultava chiara sin da venerdì 13 novembre, quando Parigi è stata dilaniata da sette attacchi terroristici rivendicati dal Daesh (l’acronimo con cui i politici francesi si riferiscono allo Stato Islamico): 129 le vittime, 352 i feriti. «La Francia è stata aggredita in modo vergognoso e violento, quindi sarà spietata contro la barbarie dello Stato islamico», aveva detto allora Hollande.

Già nella serata di domenica 15 novembre la Francia aveva colpito Raqqa con 12 aerei, per un totale di 20 bombe. I raid, condotti in coordinamento con l’intelligence americana, hanno distrutto due campi di addestramento dell’Isis, senza però fare morti o feriti tra i civili. In un comunicato Isis ha beffardamente insinuato che la Francia avrebbe centrato luoghi deserti. Nella capitale del Califfato sono state tagliate acqua e corrente elettrica.

La Francia sgancia 36 bombe in 24 ore su Raqqa in Siria

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«Dopo gli attentati terroristici di venerdì 13 novembre la Francia ha la legittimità per agire contro l’Isis», ha affermato il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius a margine del G20 in Turchia. «La decisione di condurre attacchi aerei a Raqqa è stata politica». François Hollande a Versailles aveva già preannunciato che la Francia avrebbe intensificato i raid in Siria. «Non dobbiamo contenere quest’organizzazione, la dobbiamo distruggere». Anche il presidente russo Vladimir Putin ha insistito sulla necessità di aumentare gli assalti.

Nel frattempo gli Stati Uniti hanno iniziato a bombardare le autobotti siriane che l’Isis utilizza per il contrabbando di greggio, mentre la marina americana ha fatto sapere di aver dispiegato la portaerei Harry S. Truman nel golfo Persico a fianco della portaerei francese Charles de Gaulle, a
sostegno della lotta contro l’Isis in Iraq e in Siria. «I militanti dello Stato Islamico sono dei mostri psicopatici», ha affermato il segretario di Stato americano John Kerry nella serata di lunedì 16 novembre all’ambasciata americana di Parigi, mentre il giorno successivo ha discusso all’Eliseo con il
presidente francese François Hollande «i passi significativi che riteniamo di poter intraprende assieme in diversi settori per aumentare i nostri sforzi, ed essere anche più efficaci, contro Daesh».

E martedì 17 novembre, al vertice dei ministri della Difesa riuniti a Bruxelles, il francese Jean-Yves Le Drian ha chiesto alla Ue l’applicazione dell’articolo 42.7 del Trattato di Lisbona per la solidarietà in materia di difesa: la clausola in questione prevede il sostegno militare degli altri Stati membri in caso di aggressione. In particolare, la richiesta ai partner Ue è «una partecipazione militare accresciuta». Poco dopo Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha annunciato il supporto unanime all’attivazione della clausola di difesa collettiva chiesta da Hollande.

Andrea F. de Cesco