C’è sempre un tradimento alla base di ogni tragedia ma a volte basta anche solo il sospetto che questo si stia consumando. Le rassicurazioni del presidente Alexander Lukashenko, propostosi come garante dei negoziati, e la dichiarata imparzialità bielorussa sul conflitto ucraino non bastano a sciogliere i dubbi di Kyev sulle reali intenzioni del Paese vicino.
L’esito del referendum costituzionale della scorsa notte, che consentirà – almeno in linea teorica – il dispiegamento di armi nucleari sul territorio della Bielorussia ha reso ancora più concreti i timori del Governo di Volodymyr Zelensky. Il presidente ucraino aveva rifiutato da subito l’ipotesi di incontrare la delegazione russa a Minsk. «Vogliamo parlare, vogliamo porre fine alla guerra, ma non possiamo farlo in un Paese da cui partono i missili. Qualunque città va bene per i negoziati. Varsavia, Istanbul e Baku, ma non Minsk», ha affermato il presidente ucraino declinando la prima proposta di trattativa del Cremlino.

Il referendum – Le proposte di emendamento alla Costituzione proposte da Lukashenko sono state accolte con il 65 percento dei votanti. L’affluenza è stata del 78,63 percento, ha fatto sapere il presidente della Commissione elettorale Igor Karpenko. Oltre a rafforzare i poteri del presidente in carica – le modifiche prevedono l’introduzione dell’immunità a vita per tutti gli ex presidenti e l’introduzione di un limite di due mandati ma solo per coloro che succederanno a Lukashenko – nella nuova Carta è stato cancellato l’obbligo che imponeva alla Bielorussia di rimanere «zona denuclearizzata». Questo articolo è stato sostituito da un altro che esclude ogni «aggressione militare dal territorio» della Bielorussia. Un principio costituzionale, quest’ultimo, violato ancora prima di entrare nella carta, visto che gran parte delle truppe russe che hanno lanciato l’assalto a Kyev e Chernobyl erano di stanza in Bielorussia, prima dell’attacco.
La principale implicazione di questa modifica è quindi la possibilità di schierare le testate nucleari russe al confine con l’Ucraina e soprattutto con Paesi membri dell’Unione europea come Polonia e Lituania.
Il voto ha scatenato le più grandi proteste degli ultimi mesi nel Paese, con migliaia di persone scese in piazza. Secondo quanto riporta il Guardian sarebbero stati almeno 800 gli arresti solo nella giornata di ieri. Lo stesso Alto rappresentante Ue per la politica Ue, Josep Borrell, prima del consiglio straordinario sulla Difesa che si svolgerà in videoconferenza, ha definito «fake» la votazione, affermando di sapere quali siano le implicazioni: «la Russia manderebbe immediatamente armi nucleari in Bielorussia».

La porta di accesso a Kyev – Ma la possibilità di ospitare l’arsenale nucleare è solo un segnale ancora più chiaro dell’asse Lukashenko-Putin e della subalternità bielorussa alle politiche militari dettate dal Cremlino che rendono di fatto il Paese un protettorato di Mosca. Nel Paese, guidato dall’ultimo dittatore d’Europa, da mesi sono presenti 30mila soldati russi per un’esercitazione militare congiunta, servita a Putin per trasformare la Bielorussia nella porta di accesso verso Kyev e per attaccare l’Ucraina anche da nord, aprendo un terzo fronte oltre a quello meridionale (Crimea) e orientale (Donbass). E’ da questa linea di confine, lunga 800 chilometri e a soli 200 dalla capitale ucraina, che, secondo le ultime ricostruzioni, sono partiti gli attacchi di giovedì mattina verso Chernobyl e Kyev.
Ed è a causa di questo coinvolgimento, tutt’altro che indiretto, che non è esclusa l’ipotesi di estendere le sanzioni economiche occidentali imposte alla Russia anche alla Bielorussia.

L’impegno diretto – L’ultimo timore, è quello di un impegno diretto di truppe bielorusse per dare man forte all’invasione russa. Sarebbero solo 17mila i militari di Lukashenko addestrati a combattere, poca cosa di fronte ai 150mila mobilitati da Mosca al confine ucraino. Potrebbero essere impiegati per dare respiro alle unità russe che già contano migliaia di perdite, secondo fonti ucraine. A insistere su questa possibilità è il sito Kyiv independent, citando un rapporto giunto agli ambienti diplomatici ucraini da un gruppo di giornalisti dell’opposizione bielorussa rimasto anonimo. Il messaggio suggeriva che le truppe bielorusse possano essere schierate nelle aree di Kiev o Zhytomyr. Tuttavia un ex alto ufficiale bielorusso,  Valeriy Sakhashik, in un discorso video, ha esortato i militari bielorussi a non obbedire a ordini che li coinvolgerebbero in una guerra contro una nazione amica. Ieri il consigliere presidenziale ucraino Oleksiy Arestovych ha detto che secondo sue informazioni l’esercito bielorusso era stato messo in stato di allerta. Lukashenko ha affermato che i bielorussi hanno iniziato a subire violenze in Ucraina e che Kiev starebbe minacciando la Bielorussia con attività terroristiche. Poi ha però rassicurato Zelensky affermando di non voler coinvolgere il Paese nel conflitto.