Putin parla alle Camere“In base ai risultati del referendum e della volontà del popolo, presento all’Assemblea federale (parlamento russo, ndr) una legge costituzionale che sancisce l’ingesso nella Russia di due soggetti, la Crimea e Sebastopoli”. L’annuncio del presidente russo, Vladimir Putin, è satto accolto da una standing ovation dei parlamentari. Lunedì 17 marzo, a un giorno dai risultati del referendum in Crimea, dove il 97 per cento della popolazione ha detto “sì” all’annessione alla Russia, il Cremlino dà un appoggio, scontato, alla richiesta della penisola. Appena finito il discorso di Putin alle Camere, si è proceduto alla firma di un accordo internazionale tra la Russia e la Crimea. La penisola, che ancora due giorni prima faceva parte dell’Ucraina, è diventata un Paese indipendente solo per andare verso l’abbraccio di Mosca. Certo che l’accordo tra gli Stati deve essere ancora ratificato dalla Duma russa, ma anche questo è un passo scontato, visto che i 50 minuti del discorso di Putin sono stati accompagnati da applausi continui.

“Nel cuor nostro non ci siamo mai scordati che la Crimea e Sebastopoli sono delle terre russe”, ha esortato Putin che nel suo discorso ha fatto leva sui sentimenti patriotici della maggioranza dei russi. Il 92 per cento della popolazione russa, secondo i sondaggi citati da Putin, è favorevole all’annessione della penisola, anche a costo di rimetterci a causa delle sanzioni dell’Occidente. La decisone politica, ossia l’ingresso della Crimea e di Sebastopoli nella Russia, può essere presa solo in base alla volontà popolare, ha sottolineato Putin, indicando come la stessa popolazione dell’Ucraina ha manifestato chiaramente il desiderio di unirsi a Mosca.


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Il referendum in Crimea è stato svolto in maniera onesta, ha detto Putin. Per quanto riguarda la massiccia presenza delle truppe prive di insegne, a bloccare le basi militari ucraine, il presidente russo non ci vede nulla di strano. “Il nostro esercito c’era già in Crimea”, ha detto Putin puntando alla base della flotta del Mar Nero a Sebastopoli. “Sì, abbiamo rafforzato il contingente, ma non abbiamo mai oltrepassato il limite di 25 mila persone”. A chi invece accusa la Russia di minacciare l’integrità territoriale dell’Ucraina, il leader russo obietta citando l’esempio del Kosovo. “Sia nei Balcani, sia in Crimea, si è trattato dell’autodeterminazione dei popoli”.

“Dopo la scomparsa del sistema bipolare con il crollo dell’Urss, non c’è più stabilita nel mondo. Le istituzioni internazionali stanno degradando. Gli Usa usano il diritto della forza, pensano di avere sempre ragione”. Parole, queste, che senza esagerazioni suonano come un ritorno ai tempi della guerra fredda. Putin ha accusato la Nato di voler minacciare il Sud della Russia con le sue aspirazioni di spingersi fino all’Ucraina. Il presidente russo ha fatto passare allo stesso tempo messaggi minacciosi, ma anche inviti a collaborare. “A Kiev non abbiamo interlocutori: capiamo i motivi della protesta pacifica contro il potere corrotto, ma ora al governo ci sono dei neo-nazisti e antisemiti, controllati dai radicali”, ha attaccato Putin. Ma ancora una volta al bastone è seguita la carota: “Vogliamo un’Ucraina forte sovrana. Vogliamo essere amici dell’Ucraina. Non pretendiamo di annetterci altre regioni”.

Anna Lesnevskaya