«Gli Stati Uniti sono in Siria per eliminare l’Isis dall’Iraq e dalla Siria», ma non a tutti i costi. Ecco che cosa lascia intendere la nota della Casa Bianca pubblicata nella notte di lunedì 26 giugno. Il comunicato parla di «possibili preparativi per un altro attacco con armi chimiche da parte del regime di Assad che probabilmente causerebbe una strage di civili, compresi bambini» e mette in guardia Damasco: se così fosse, il leader siriano e il suo esercito «pagheranno a caro prezzo».

I precedenti – Il 7 aprile il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva ordinato il lancio di 59 missili Tomahawk contro la base aerea siriana di Al Shayrat, considerata responsabile di un attacco chimico nell’area di Khan Sheikhoun che tre giorni prima era costato la vita a più di 80 persone, tra cui 28 bambini. «Anche bambini piccoli e bellissimi sono stati crudelmente uccisi in questo barbaro attacco. Nessun bambino dovrebbe mai soffrire tale orrore», aveva dichiarato Trump in quell’occasione, concludendo che le responsabilità del governo siriano circa l’uso di armi chimiche sul territorio erano «fuori discussione». Dichiarazioni che avevano irritato Mosca e Teheran, alleati di Assad.

Le reazioni – Alleati chiamati in causa anche dall’ambasciatrice statunitense alle Nazioni Unite Nikki Haley, che in mattinata ha commentato via Twitter: «Qualsiasi ulteriore attacco alla popolazione della Siria sarà considerato responsabilità di Assad, ma anche di Russia e Iran, che lo sostengono nell’uccidere la sua gente».

Sempre dai social arriva il parere del russo Alexey Khlebnikov, esperto in Medio Oriente. Secondo lui «questa mossa americana non aiuta a costruire rapporti di cooperazione con la Russia» e questa volta la reazione del Cremlino potrebbe essere molto più pesante.

Michael Fallon, segretario alla Difesa britannico, in un’intervista rilasciata alla BBC ha confermato il sostegno a qualsiasi attacco Usa contro Assad, «purchè proporzionato». Per Fallon «qualsiasi uso di armi chimiche da parte del regime siriano è assolutamente abominevole», ma ha anche precisato che, al momento, Washington non ha condiviso con Londra alcuna prova di minacce specifiche di attacchi simili a quello del 4 aprile.