Democratici contro Repubblicani, un duello che si rinnova ogni quattro anni il martedì dopo il primo lunedì di novembre. Una tradizione che prosegue dalla fine del ‘700. Un sistema elettorale indiretto, in più occasioni criticato, che non ha subito modifiche rimanendo affascinante nella sua complessità.
Le primarie – A dare il via alla corsa alla casa Bianca sono le primarie. Superata la fase dei comizi iniziali e delle candidature, gli elettori iscritti scelgono per la prima volta il candidato del loro rispettivo partito alle elezioni. Da quel momento si entra nella vera e propria campagna elettorale condita da convention estive e tour.
Chi può votare – Tutti i cittadini americani, con un’età maggiore ai 18 anni, che rispecchino i requisiti di residenza, capacità mentale e registrazione al voto sono considerabili elettori. Partendo dalla cittadinanza: solo i cittadini americani, nati o naturalizzati, possono votare. La residenza dell’elettore deve poi coincidere con lo Stato in cui intendono votare. Ogni Stato stabilisce un requisito specifico per certificare la residenza, come può essere il periodo di permanenza. Questo serve ad avere una prova effettiva del legame del cittadino con lo Stato stesso. Nonostante alcuni Stati permettano di registrarsi alle urne già dai 16 o 17 anni, la possibilità effettiva di votare parte dai 18 in tutti gli Stati Uniti. Condanne penali, non completamente scontate, e incapacità mentale precludono la possibilità di votare.
Chi viene votato – Le elezioni americane sono indirette, un dettaglio importante che spesso non si conosce. Il presidente degli Stati Uniti non viene eletto direttamente dai cittadini, bensì dal Collegio Elettorale. Una istituzione storica e ben consolidata, nonostante le controversie, voluta dai padri fondatori della Costituzione americana. La sfiducia dell’élite locale nei confronti della popolazione rurale e agricola ha portato allo sviluppo di questo sistema. A decidere le sorti delle elezioni saranno quindi i membri del Collegio Elettorale: i Grandi Elettori. Molto spesso funzionari locali o persone affini ai candidati in corsa, saranno 538 a doversi riunire a dicembre per votare il presidente. Non esiste una legge generale che leghi i grandi elettori a dover votare per forza il loro candidato di partito, ma molti stati impongono la fedeltà al voto popolare. I cittadini dunque dovranno scegliere un lista di candidati, tanti quanti verranno ammessi al collegio in base alla densità di popolazione dello stato, e saranno loro ad avere l’ultima parola sul presidente alla Casa Bianca.
Il ruolo degli Stati – Un ruolo fondamentale lo giocano gli Stati stessi e non il voto popolare. A riprova di ciò il caso Hilary Clinton del 2016, perse le elezioni contro Trump nonostante avesse 3 milioni di voti popolari in più. Ogni Stato elegge un numero di Grandi Elettori rapportato alla densità di popolazione. I più popolosi come California e Texas hanno rispettivamente 55 e 38 Grandi elettori. Montana e Wyoming, tra i meno popolati, hanno invece 3 elettori ciascuno. Dei 538 grandi elettori, saranno poi 270 quelli sufficienti a ottenere la maggioranza e in conseguenza la presidenza degli Stati Uniti. Il metodo di elezione dei deputati appartenenti ai Grandi Elettori si rifà al “winner takes it all” ovvero chi vince prende tutti i voti di quello Stato. Ad esempio, vincere in California con l’1% o il 30% non fa alcuna differenza: la lista dei 55 elettori sarà totalmente democratica o repubblicana in base a chi ottiene la maggioranza dei voti popolari.
Eccezioni – Maine e Nebraska sono gli unici due Stati a non seguire questo sistema di distribuzione elettorale. Nel loro caso è il sistema proporzionale a dividere i grandi elettori. Un elettore viene assegnato per ogni distretto vinto e i due restanti vanno al vincitore statale. Il Distretto di Columbia, ovvero la citta di Washington, ha anch’esso tre Grandi Elettori eleggibili, nonostante non sia uno Stato. Il 23esimo emendamento della Costituzione gli garantisce questo privilegio.
Come si vota – Il modo più classico è il voto alle urne, ma non è l’unico. In quel caso gli elettori si recano nel seggio designato e compilano una scheda elettorale o votano tramite terminali elettronici dotati di Touch Screen. Diversamente dall’Italia, non basta presentare solo la propria carta di identità per poter votare. È necessario infatti registrarsi al voto, ovvero compilare presso il proprio seggio una scheda in cui ci si dichiara: democratici, repubblicani o indipendenti. La preferenza non crea alcuna prerogativa per il voto finale e concreto, ma è utile per creare un primo sondaggio elettorale molto approssimativo. Il voto per corrispondenza crea a ogni elezioni molte controversie, ma resta una valida alternativa ai seggi. In questo caso l’elettore riceverà la sua tessera elettorale direttamente a casa. Dopo averla compilata e sigillata, la scheda va rispedita per posta o consegnata manualmente ai centri di raccolta. In alcuni stati sono richieste prove di testimoni o codici speciali per evitare ogni tentativo di contraffazione. Quasi tutti gli stati offrono la possibilità del voto anticipato. Una situazione simile al voto in presenza, ma svolta alcuni giorni prima, o addirittura settimane, per permettere a tutti di poter votare senza discriminante di impegni personali o lavorativi. Date e orari dei voti anticipati sono gestiti, in modo autonomo, da ogni Stato. Infine il voto in assenza resta l’ultima tra le opzioni valide, la possibilità di accedere a questa modalità è più selettiva. Militari all’estero o gravi motivi di salute sono tra le condizioni per cui può essere richiesto. Anche in questo caso il voto avviene per scheda postale, in modo simile al voto per corrispondenza.
Quando si vota – Le urne, eccezion fatta per i casi citati qui sopra, si aprono il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre. Nel 2024 cade il 5 novembre. Le motivazioni dietro questa scelta risalgono alla fine del ‘700. Per gli agricoltori novembre era il mese perfetto per votare, il raccolto era terminato e il clima non ancora invernale permetteva un facile spostamento dai campi alle città. La scelta del martedì ricade sempre sulla necessità di spostarsi. Utilizzando il martedì come giorno di voto, gli spostamenti potevano avvenire di lunedì, non andando così ad intaccare la domenica, giorno sacro per il riposo.
Cosa succede dopo il voto – Superato il voto popolare e quello del Collegio Elettorale, la successiva e ultima fase è l’insediamento. Previsto dalla Costituzione per il 20 gennaio, sempre per evitare controversie logistiche e climatiche nel mondo rurale dell’America di inizio ‘800. Con l’insediamento si sancisce in modo ufficiale il passaggio di consegne da presidente uscente a subentrante. Dopo aver prestato giuramento sulla Bibbia e aver tenuto il discorso inaugurale, il presidente entra in carica ufficialmente ricevendo i poteri dal presidente uscente.