«Proteggete le vostre vagine, donne. Gli uomini al potere stanno tentando di prendere il controllo». Il tweet di Alyssa Milano, attrice e attivista femminista americana lancia la provocazione: niente sesso fino a che non verrà fermata la legge sull’aborto. Quale? Quella proposta dal repubblicano Brian Kemp, governatore della Georgia che nega l’interruzione della gravidanza alla sesta settimana e che ha passato la prima votazione nella Camera bassa dell’Assemblea statale.

La protesta – Alyssa Milano, star americana del telefilm “Streghe”, sabato 11 maggio si è mobilitata contro il discusso provvedimento legislativo. Nei giorni successivi alla decisione del Governatore Brian Kemp di estendere anche alla Georgia l’Heartbeat Bill, la legge sull’aborto, le proteste dello star system americano si sono moltiplicate, soprattutto tra i produttori indipendenti e il Comitato degli Sceneggiatori. Alcune case cinematografiche, come quella del produttore David Simon si sono rifiutate di girare i prossimi film in Georgia e molti attori, cavalcando gli strascichi del movimento femminista del #MeToo hanno rinvigorito il bisogno di parlare dei diritti delle donne abbracciandone un altro: quello del #SexStrike. Quindi niente sesso e non solo per Alyssa Milano.

La legge – L’aborto negli Stati Uniti è illegale non appena il feto viene definito “vitale”. Questo lo decide la sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti “Roe v. Wade” del 1973. Sulla base del pensiero conservatore però, il battito cardiaco è l’indicatore principale di un soggetto di diritto ed è già registrabile alla sesta settimana, per cui l’aborto non può essere permesso dopo tale limite. La proposta di legge non tiene conto del fatto che molte donne non si rendono conto della gravidanza e che alcune siano frutto di violenze. Lo stato della Georgia però non è la fucina del pensiero conservatore che ha proposto la legge sul “battito cardiaco”. Già  altri cinque stati (Ohio, Mississipi, Kentucky, Iowa e North Dakota, ispirati dalla legge dell’Alabama del 2014) sono riusciti a far votare la proposta in Senato. Molti tribunali hanno poi frenato l’applicazione della legge ed è anche ciò che molti credono accadrà in Georgia.

Il tweet – Nel post, diviso in quattro paragrafi brevi e pragmatici, il concetto è molto chiaro. «I nostri diritti a riprodurci sono stati cancellati» dice Milano riferendosi a tutte le donne che devono sottostare alle decisioni di altri. «Fino a che le donne avranno il controllo legale sul proprio corpo, non potranno rischiare una gravidanza» continua prima di chiedere, ad alta voce, ed in maiuscolo :«UNITEVI A ME, non fate sesso fino a che non riavremo l’autonomia sul nostro corpo». Milano conclude lanciando con un hashtag, simbolo della prossima ondata di proteste: #SexStrike. I like sono stati più di 40mila e le condivisioni su Twitter più di 14mila.

Consensi, polemiche e storia – Come era accaduto per il precedente movimento femminista, il #MeToo, l’opinione pubblica si è divisa. La decisione di promuovere una protesta popolare contro la legge anti aborto non è stata accolta solo dai consensi dei retweet. Molte donne hanno letto nello sciopero del sesso una visione altrettanto maschilista e conservatrice. Per alcuni l’impossibilità delle donne di avere una vita sessuale disinvolta e quindi la privazione del sesso sono un cavallo di battaglia degli stessi “Abortisti” mentre, per altri ritenere il sesso un mero strumento di contrattazione è estremamente limitante. Lo sciopero in camera da letto non è comunque una novità, dal momento che altre lotte di genere hanno usato il sesso per dare voce all’emarginazione femminile. Prima fra tutte Lisistrata, protagonista non di “Streghe” ma della commedia di Aristofane, propone a tutte le donne ateniesi di negare il sesso ai mariti per porre fine alla guerra del Peloponneso. Peccato non ci fosse stato Twitter al tempo per immortalare la riuscita della protesta.