L'Egitto vota la nuova Costituzione, dopo il colpo di stato militare che ha rimosso il presidente eletto Mohammed Morsi

L’Egitto vota la nuova Costituzione, dopo il colpo di stato militare che ha rimosso il presidente eletto Mohammed Morsi

L’Egitto vota la sua nuova Costituzione. Due giorni di referendum tra stringenti misure di sicurezza, con l’obiettivo di arrivare presto a nuove elezioni. La nuova Carta punta a sostituire quella approvata durante la presidenza di Mohammed Morsi, l’esponente dei Fratelli Musulmani democraticamente eletto e poi rimosso e arrestato dall’esercito. L’intero movimento della Fratellanza Musulmana è stato posto fuori legge e sta boicottando le operazioni di voto.

Un’imponente operazione di sicurezza è stata predisposta per i due giorni delle votazioni. Secondo le cifre fornite dal Ministero degli Interni, gli agenti di polizia impegnati sono 200 mila, per scongiurare il pericolo di violenze e attentati. Il generale Al-Sisi, a capo dell’esercito egiziano, ha visitato un seggio elettorale nel nord del Cairo, invitando le forze di polizia alla massima attenzione.

La campagna a favore della nuova Costituzione ha potuto godere negli ultimi mesi del sostegno degli apparati istituzionali e dei media governativi. Molto più difficile, invece, la campagna per il no, che ha fatto registrare numerosi arresti tra gli attivisti impegnati ad attaccare manifesti contrari al voto. Il referendum, del resto, è visto da molti osservatori internazionali come qualcosa di più che un voto sulla Costituzione. E innanzitutto come un verdetto “popolare” sulla rimozione dell’ex presidente Morsi. Boicottare il voto significa quindi anche non riconoscere la legittimità della nuova leadership.

Il testo costituzionale è stato redatto da un comitato di 50 membri che comprendeva solo due rappresentanti dei partiti islamisti. Le autorità sostengono che il nuovo progetto garantisca maggiori diritti e libertà, e che sia un passo fondamentale sulla strada della stabilità. Secondo la nuova Costituzione, il presidente potrà ricevere due mandati di quattro anni e potrà essere messo sotto accusa dal parlamento. L’ Islam resta la religione di Stato, ma la libertà di credo è garantita dando una certa protezione alle minoranze. Lo Stato si impegna inoltre a garantire “la parità tra uomini e donne” e a sanzionare le discriminazioni di “religione, razza, sesso”. I critici sostengono però che favorirà l’esercito a spese del popolo, e che non riuscirà a realizzare le aspirazioni nate dalla rivoluzione del 2011 che ha rovesciato Hosni Mubarak.

Davide Gangale