Aumentano le pressioni sul primo ministro britannico David Cameron per accelerare i tempi del referendum sull’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Programmata per il 2017, la consultazione popolare dovrebbe concretizzarsi solo nel caso in cui i conservatori vincano le elezioni del 2015.

Questa volta l’euroscettico è l’ex ministro del Tesoro Nigel Lawson, conservatore di epoca “thatcheriana” ma ancora in grado di influenzare pesantemente i tory. Dalle pagine del Times, Lawson ha spiegato che: «Il problema non è l’Europa con la sua grande storia e cultura incomparabile, ma l’Unione Europea. La Gran Bretagna deve venir fuori da quella che ormai è diventata una “mostruosità burocratica».

Secondo Lawson, che ricorda di essere stato in favore dell’ingresso del Regno Unito nella Comunità europea, le condizioni attuali sono del tutto cambiate rispetto agli anni Settanta. Alla base del suo intervento ci sono anche motivazioni economiche: «L’economia del Regno avrà più da guadagnare che da perdere con l’uscita dall’Ue. Il Paese perderà l’accesso al mercato unico, ma si tratterà solo di un costo marginale. L’economia è sempre più globale: nel corso dell’ultimo anno il commercio del Regno Unito con l’Unione Europea è aumentato del 40 per cento, mentre quello dell’Ue con i paesi extraeuropei è cresciuto del 75 per cento. Per l’industria dei servizi finanziari britannici poi, grandi benefici verrebbero proprio dall’abbandono della regolamentazione europea».

Le parole dell’ex cancelliere dello scacchiere sono destinate ad alimentare il dibattito interno al partito conservatore britannico, in cui l’ala più euroscettica da tempo chiede a David Cameron di accelerare l’iter per il referendum “dentro o fuori” dall’Unione.

Maria Chiara Furlò