È salito ancora a 400 il bilancio delle vittime del conflitto libico. Lo riporta l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari (Ocha) che riferisce che dal 3 aprile, giorno in cui è iniziato l’attacco del generale delle forze armate Khalifa Haftar, sono stati uccisi 105 sono bambini e 120 donne.

Gli aggiornamenti – L’Ocha ha riferito anche il preoccupante numero degli sfollati dall’inizio degli scontri armati: sono 42.600 le persone costrette ad abbandonare le proprie case a Tripoli e nelle altre zone rosse colpite dal fuoco. Mentre sarebbero circa 3.300 i rifugiati intrappolati nei centri di detenzione situati nelle zone colpite dai combattimenti. Cibo e acqua sono sempre più difficili da reperire e anche i prezzi stanno aumentando, al pari del gas. Il presidente dell’Associazione medici di origine straniera (Amsi) Foad Aodi, costantemente in contatto con i medici libici attivi sul campo, dopo aver confermato i numeri dei feriti e dei defunti, ha riferito all’Ansa un altro drammatico dato. I medici, ha detto, «denunciano anche la presenza di fosse comuni e la scomparsa di circa 60 minori che non rispondono agli appelli delle loro famiglie».

Il conflitto – È passato circa un mese da quando è iniziata l’offensiva di Haftar verso Tripoli. La capitale della Libia dal 2016 è presieduta dal primo ministro Fayez al Serraj, il cui governo è riconosciuto dalla comunità internazionale. Quella che probabilmente doveva essere una “guerra lampo” voluta dal generale per prendere le redini del Paese si è invece trasformata in un massacro civile e in una guerra che sta martoriando un Paese già diviso da anni di lotte interne. All’avanzata di Haftar (che attualmente si trova nella fascia est del Paese e che si stringe sempre più verso la capitale) Fayez al Serraj risponde senza sosta con bombardamenti aerei e razzi. L’ostilità sembra non aver sosta, come negli ultimi giorni, in cui anche ospedali e centri sanitari sono stati colpiti dai bombardamenti, causando ulteriori disagi negli aiuti ai civili.

La minaccia via social – I metodi dei combattenti dell’esercito nazionale libico (comandato dal generale) sono evidenti. In un’indagine condotta dalla BBC sono stati trovati video e immagini dei corpi di civili e combattenti profanati dalle milizie di Haftar. Secondo la legge internazionale, la profanazione dei corpi è un crimine di guerra e un’accusa che deve essere considerata seriamente.

La posizione dell’Italia – In conclusione al forum economico italo-tunisino, chiuso a Tunisi il 30 aprile, il premier Giuseppe Conte ha confermato che la soluzione alla crisi libica può essere solo politica, mai militare. Conte e il premier tunisino Youssef Chahed, quali rappresentanti dei Paesi più esposti a un’eventuale ondata migratoria conseguente alla guerra libica, hanno sottolineato il comune disaccordo nei confronti di una escalation militare. Mentre il parere dell’ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare e della difesa, Vincenzo Camporini non lascia spazio alla diplomazia: «Bisogna fermare Khalifa Haftar».